San Gregorio di Catania. Omicidio Mariella Cimò del 2011. La Cassazione mette la parola fine: il marito Salvatore Di Grazia è colpevole.
Mariella Cimò, 72 anni, scomparve dall'abitazione di famiglia a San Gregorio di Catania il 25 agosto del 2011. Il marito, Salvatore Di Grazia, oggi 84enne, presentò la denuncia di scomparsa undici giorni dopo, il 5 settembre. Tra queste due date si è materializzato il più classico dei gialli: la sparizione del cadavere della vittima.
Di Grazia si è sempre professato innocente, sostenendo che la donna, con cui era sposato da 43 anni, si fosse volontariamente allontanata da casa. Le indagini, però, hanno detto altro, e cioè che Mariella Cimò fu uccisa e l'assassino è il marito. Ma il cadavere non c'è ancora e solo Di Grazia potrebbe dire dove lo ha nascosto, intero o a pezzi.
È stato un processo basato su numerosi indizi piuttosto che su vere e proprie prove, tuttavia sufficienti a far condannare l'imputato, con la pubblica accusa che avrebbe voluto per lui perfino l'ergastolo: la telecamera dei vicini che riprende la donna rientrare in casa la sera prima e che poi non la vede più uscire, l'uomo che in quel 25 agosto di 9 anni fa più volte entra ed esce dalla casa, portando con sè un'enorme vasca di plastica dentro cui, si pensa, avrebbe messo il cadavere della moglie.
A Catania, la condanna in primo grado a 25 anni di reclusione era arrivata il 7 aprile 2017, quella d'appello che la confermava l'8 luglio 2019. Con la conferma da parte della Corte di Cassazione per omicidio e occultamento di cadavere, il caso è archiviato. Resta tuttavia ancora in sospeso la solita domanda: dov'è finito il corpo della vittima?