Ravenna. Omicidio Elisa Bravi. Le motivazioni della condanna a Riccardo Pondi: "Delitto d'impeto. Un cortocircuito emotivo".
È stato un "corto circuito emotivo e cognitivo" a segnare la fine di Elisa Bravi. Termine spinoso, che questa volta non è sinonimo di infermità mentale. In altre parole, Riccardo Pondi era in sé la notte del 19 dicembre 2019, quando ha strozzato la moglie 31enne in camera da letto al culmine di una lite furibonda scoppiata nella casa a Glorie di Bagnacavallo (Ravenna).
La sua reazione viene ascritta al campo del "dolo d'impeto" nelle motivazioni della sentenza della Corte d'Assise di Ravenna che lo scorso 6 luglio 2021 ha condannato il 40enne a 24 anni di reclusione per omicidio volontario pluriaggravato. È stata cioè un'aggressione innescata da "uno stimolo esterno", una frase pronunciata dalla moglie, esasperata dalla deriva di un rapporto ormai logorato.
Nelle motivazioni si esclude che l'imputato fosse incapace di intendere e di volere nel momento del delitto. Per i giudici le attenuanti hanno ridimensionato la richiesta dell'ergastolo, avanzata dalla Procura. Pondi ha confessato spontaneamente mostrando "uno stato di resipiscenza" e ha messo a disposizione il proprio patrimonio alle figlie.
Il fatto di essere incensurato, il comportamento processuale e il consenso prestato dalla difesa per "snellire" il processo, chiudono l'elenco che per i giudici "non elide la gravità dell'azione", ma "rende equa" l'applicazione "del massimo della pena" come se non fosse stata contestata nessuna delle aggravanti.