Trento. Vessata per anni dai familiari. Confermata in Appello la condanna per maltrattamenti.

Immagine della notizia (Immagine di Sailko su Wikimedia Commons — CC BY 3.0)

Trento. Vessata per anni dai familiari. Confermata in Appello la condanna per maltrattamenti.

La condanna in primo grado era stata di 8 anni per il marito e 4 per i suoceri. Accusati di aver per mesi maltrattato la moglie e nuora. Ma per la Procura si era davanti ad un caso di riduzione in schiavitù e per questo era stato presentato appello, chiedendo una condanna più pesante.

Richiesta che non è stata accolta dalla Corte d'Appello che ha confermato quanto era stato deciso in primo grado: maltrattamenti in famiglia. Sul banco degli imputati un pachistano 30enne che in Trentino aveva trovato lavoro come lavapiatti. E accanto a lui i genitori.

Dall'altra parte, la vittima che si era costituita parte civile con l'avvocato Sattin. La giovane, 27enne all'epoca dei fatti, era arrivata in Trentino nel 2018 per ricongiungersi con il marito, sposato due anni prima in Pakistan.

Un matrimonio combinato. I due erano cugini anche se - aveva spiegato l'avvocato del 30enne, Roberto Zoller, durante il primo processo - "entrambi i futuri coniugi all'epoca avevano manifestato la loro volontà di sposarsi, dopo essere cresciuti assieme fin dall'infanzia".

Una volta in Italia la 27enne era presto rimasta incinta. La situazione in cui era costretta a vivere era emersa nel maggio del 2019 quando, al termine di un litigio, la donna aveva deciso di andarsene. Aveva così raggiunto la stazione di Trento, ma lì aveva avuto luogo un nuovo diverbio. Un confronto molto aspro con il coniuge tanto che la bimba, che la madre teneva in braccio, era finita a terra.

Mamma e bimba erano state trasferite in ospedale in ambulanza e a quel punto la donna aveva deciso di denunciare il marito e la sua famiglia. Un racconto quello che aveva fatto alle forze dell'ordine che era tristemente ricco di episodi di violenze psicologiche e anche sessuali. Un incubo quello raccontato dalla donna: sarebbe stata costretta a vivere a casa dei genitori di lui, con la suocera che le avrebbe dato continuamente ordini e l'avrebbe vessata.

Durante le indagini il marito si era difeso negando ogni addebito e parlando di una scarsa lucidità della moglie, venendo però smentito da esami e accertamenti che erano stati portati a termine proprio per non avere dubbi sulla veridicità del racconto della donna.

Dopo il procedimento di primo grado, anche i giudici togati e popolari della Corte d'Appello hanno deciso per la conferma del reato di maltrattamenti. I tre sono attualmente liberi con divieto di avvicinamento alla parte civile.

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