Venezia. Omicidio Lilia Patranjel. Alexandru Ianosi morto suicida in carcere. "Una sconfitta per lo Stato".
Un detenuto romeno di 32 anni, entrato in prigione a settembre 2022, si è suicidato impiccandosi nella sua cella nel penitenziario di Santa Maria Maggiore a Venezia. Lo rende noto il "Sindacato autonomo Polizia penitenziaria" (Sappe).
A compiere il tragico gesto è stato Alexandru Ianosi, che il 23 settembre 2022 aveva ucciso con 68 coltellate la compagna Lilia Patranjel a Spinea (Venezia). Doveva andare a processo in Corte d'Assise il 4 luglio, con l'accusa di omicidio volontario aggravato dai maltrattamenti in famiglia. Accusa che, se confermata dal giudice, avrebbe potuto condannarlo all'ergastolo.
Ianosi – seppur in maniera confusa – dopo settimane di detenzione aveva ammesso l'omicidio, sostenendo che fosse avvenuto al culmine di un litigio e di essersi «sentito provocato» e di non aver capito più nulla.
Per la Procura il quadro era chiaro. Secondo quanto ricostruito dalla pubblico ministero Tavarnesi nel corso delle indagini – e riportato nell'avviso di chiusura delle indagini – l'omicidio era maturato al culmine di una relazione affettiva «tossica», con Lilia Patranjel che per anni avrebbe sopportato per paura i maltrattamenti ai quali la sottoponeva quel marito, che – infine – aveva deciso di lasciare: dalle minacce di morte con il coltello a offese umilianti, fino all'orrore della "mattanza" di quella notte di settembre dell'anno scorso.
"Purtroppo il pur tempestivo intervento dell'agente di servizio non è servito a salvare l'uomo - afferma Giovanni Vona, segretario Sappe Triveneto -. Ianosi è stato trovato impiccato alle sbarre della cella. Come sapete, abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è una sconfitta per lo Stato".
Per Donato Capece, segretario generale del Sappe, "la via più netta e radicale per fermare queste disgrazie sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Il suicidio di un detenuto, e dall'inizio dell'anno sono stati già 25, più un poliziotto che si è tolto la vita alcune settimane fa, rappresenta un forte stress per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti". (Corriere delle Alpi)