Voce su Romina Iannicelli
Romina Iannicelli, 44 anni, fu trovata morta la mattina del 16 aprile 2019 nella sua abitazione del quartiere Paglialunga a Cassano allo Ionio in provincia di Cosenza. A ucciderla fu il marito Giovanni Di Cicco, 42 anni. La donna era incinta, in attesa della nascita del suo primogenito al terzo mese di gravidanza.[1][2]
Foto di Cassano allo Ionio con vista sulla Torre dell'Orologio (di Asia, licenza CC BY-SA 4.0)
Il decesso della quarantaquattrenne sarebbe avvenuto nella notte o nelle prime ore del mattino. A scoprire il corpo senza vita in casa furono alcuni familiari che erano andati a trovarla. Dopo aver dato l'allarme, il marito risultava irreperibile. I Carabinieri avviarono subito le ricerche per rintracciarlo. Nelle ore successive, l'uomo si costituì alle forze dell'ordine e, interrogato alla presenza dei militari, confessò il delitto. Avrebbe raccontato di aver ucciso la moglie mentre era sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.[3]
Nei giorni seguenti il procuratore di Castrovillari dichiarò alla stampa locale che le cause della morte della vittima erano poco chiare. Il delitto sarebbe stato eseguito con un'arma "impropria e non convenzionale".[4] Secondo i primi risultati dell'autopsia, il decesso della donna sarebbe avvenuto per soffocamento.[2] Di Cicco, successivamente interrogato dal giudice per le indagini preliminari, ribadì la versione rilasciata ai Carabinieri il giorno del fermo. Nei suoi confronti fu convalidata la custodia cautelare in carcere.[4]
L'uomo fu rinviato a giudizio e, nel corso del processo, sostenne di non ricordare nulla dell'omicidio a causa dell'assunzione di droga. Il 23 luglio 2020, accogliendo la richiesta della pubblica accusa, la Corte d'Assise di Cosenza aveva condannato l'imputato all'ergastolo.[5][6] La sentenza fu confermata in secondo grado dalla Corte d'Appello di Catanzaro e poi resa definitiva dalla Corte di Cassazione nel luglio del 2022.[7]
Secondo le motivazioni dei giudici della Suprema Corte, il delitto fu commesso intenzionalmente e non poteva essere riconosciuto il vizio, totale o parziale, di mente. Di Cicco agì nel pieno possesso delle proprie facoltà intellettive e volitive. L'aggressione fu caratterizzata in un primo momento da due bastonate, inferte sulla testa con uno strumento di "potenziale altissima lesività". Poi l'uomo attuò delle manovre di strangolamento, prima a mani nude e in seguito con l'ausilio di un cavetto del carica batteria del cellulare, premuto sul collo.[8]