Voce su Mihaela Roua
Mihaela Roua, 32 anni, è stata trovata morta nel corso del pomeriggio del 9 ottobre 2019 all'interno della sua abitazione a Nereto in provincia di Teramo.

Piazza Cavour a Nereto in provincia di Teramo. Sulla sinistra, la Chiesa di Maria Santissima del Suffragio dove sono stati celebrati i funerali di Mihaela Roua.
Ad allertare i soccorsi era stata la sua datrice di lavoro, poiché la donna di origini romene non rispondeva più al telefono. La trentaduenne era impiegata in una camiceria e si era allontanata per la pausa pranzo, ma non aveva fatto più ritorno al lavoro. I Vigili del Fuoco avevano rinvenuto il corpo senza vita della vittima in casa, riverso sul pavimento della cucina. Inutile l'intervento dei sanitari giunti in seguito nell'appartamento: la donna era già deceduta.[1]
Il delitto si consumò nel primo pomeriggio. Negli istanti successivi al ritrovamento scattò la caccia al compagno, Cristian Daravoinea, connazionale di 36 anni, resosi irreperibile per diverse ore. Venne poi rintracciato in serata dai Carabinieri in un parcheggio di Tortoreto Lido. Era all'interno della sua auto con varie ferite d'arma da taglio al torace, probabilmente inflitte nel tentativo di suicidarsi con lo stesso coltello utilizzato per uccidere la trentaduenne. Fu trasportato in ospedale e sottoposto a fermo. Davanti al pubblico magistrato confessò l'omicidio della donna, madre dello loro bambina di 6 anni. In quell'occasione aveva motivato il gesto con il pretesto della gelosia, perché lei voleva lasciarlo.[2][3]
L'11 ottobre, nell'interrogatorio di garanzia di fronte al giudice per le indagini preliminari, Daravoinea confermò di aver avuto un litigio con la compagna durante il pranzo, ma negò di aver agito per gelosia dichiarando di non ricordare come fosse arrivato a ucciderla. Il trentaseienne precisò poi che la relazione tra lui e la trentaduenne stava attraversando un periodo di crisi negli ultimi mesi: i due avrebbero precedentemente deciso, di comune accordo, di separarsi. Nei suoi confronti fu disposta la custodia cautelare in carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dall'aver agito nei confronti della convivente.[4][5]
Dall'esame autoptico emerse che la vittima era stata raggiunta da due coltellate sferrate a poca distanza l'una dall'altra. Quella fatale avrebbe colpito il cuore e reciso la vena aorta provocando il decesso per shock emorragico o dissanguamento. Sul resto del corpo non furono rilevati evidenti segni di colluttazione: l'aggressione si sarebbe svolta repentinamente non dando modo alla donna di difendersi.[6] Nei mesi successivi la Procura chiuse le indagini e ottenne il rinvio a giudizio immediato per Daravoinea.[7]
Il 27 settembre 2021 l'uomo fu condannato dalla Corte d'Assise di Teramo a 21 anni di reclusione per omicidio volontario. La Corte non riconobbe l'aggravante dei motivi abietti e futili, a fronte di una richiesta di 24 anni di pena avanzata dalla pubblica accusa.[8][9]