Voce su Charlotte Yapi Akassi

La Parrocchia di San Nicolò a Vaprio d'Adda (Milano) dove sono stati celebrati i funerali di Charlotte Yapi Akassi (di MarkusMark, licenza CC BY-SA 3.0)
Charlotte Yapi Akassi, 26 anni, originaria della Costa d'Avorio e conosciuta come Sharly,[1] fu uccisa nella casa del compagno a Pozzo d'Azza in provincia di Milano durante la notte tra il 23 e il 24 settembre 2019.
Quando i soccorsi giunsero nell'abitazione, la giovane era già priva di vita, mentre il fidanzato Carmelo Fiore, 46 anni, giaceva a terra in condizioni critiche con delle ferite d'arma da taglio al petto e, nelle vicinanze, un coltello che aveva usato per autolesionarsi. Fu l'ex moglie di Fiore ad allertare i Carabinieri, poiché l'uomo le aveva precedentemente telefonato per riferirle di aver commesso una "follia" e le annunciò di volersi suicidare. Charlotte Akassi era deceduta per strangolamento.
Il quarantaseienne riuscì a salvarsi in seguito al ricovero in ospedale. Interrogato successivamente dal pubblico magistrato, l'uomo aveva confessato il delitto, maturato al culmine di un ennesimo litigio.[2][3] Durante il colloquio avrebbe cercato di motivare il proprio gesto, sostenendo che la lite tra i due era nata perché la ventiseienne lo "aveva deriso". Il reo confesso fu fermato e condotto in carcere con l'accusa di omicidio volontario.[4]
Fiore aveva tre figli, nati dalla precedente relazione con l'ex moglie. Sharly era arrivata in Italia dalla metà degli anni '90.[5] Da una precedente relazione aveva avuto due figli che, in seguito alla separazione, erano andati a vivere con l'ex marito. La giovane e Carmelo Fiore stavano insieme da circa un anno e mezzo, ma fra di loro gli screzi si erano rivelati frequenti. Agli atti risultava un litigio avvenuto un anno prima: lei era stata picchiata, mentre lui aveva rimediato un dito rotto. Entrambi avevano presentato una denuncia, ma successivamente avevano ritirato le querele.[4] Poi un secondo episodio avvenuto pochi giorni prima il delitto, quando i Carabinieri furono chiamati per l'ennesima lite: in quel caso nessuno aveva sporto denuncia.[2][3]
Interrogato dal giudice per le indagini preliminari, l'uomo ribadì la sua confessione, non spiegando però il motivo dell'alterco al culmine del quale aveva ucciso la giovane. Nei suoi confronti non fu convalidato il fermo per la mancanza del pericolo di fuga, ma fu comunque disposta la custodia cautelare in carcere, perché ritenuto socialmente pericoloso.[5]
Nei mesi successivi Carmelo Fiore fu rinviato a giudizio. Il suo difensore propose l'esecuzione di una perizia psichiatrica,[6] ma i giudici della Corte d'Assise di Milano respinsero l'istanza. In una testimonianza resa durante il processo, l'uomo ammise che nel corso della notte della fatale aggressione, lui iniziò a colpire la vittima perché stanco dei continui litigi. Le strinse le mani intorno al collo, fermandosi soltanto quando lei non respirava più. Poi, disperato, tentò di togliersi la vita.[7]
Nel maggio del 2020 la Corte d'Assise di Milano aveva condannato Carmelo Fiore a 23 anni di reclusione per omicidio volontario.[8] Il verdetto riconobbe le attenuanti generiche, concesse per la confessione e il corretto comportamento tenuto dall'uomo nel corso del processo. Nel marzo del 2021, in seguito al concordato stipulato tra la pubblica accusa e la difesa dell'imputato, la Corte d'Appello di Milano aveva ridotto la pena a 22 anni.[9][10]