Voce su Atika Gharib
Atika Gharib, 32 anni, originaria del Marocco e residente a Ferrara, fu uccisa nel corso di un incendio divampato la notte tra il 1º e il 2 settembre 2019 in un casolare abbandonato a Castello d'Argile in provincia di Bologna.
Foto del palazzo municipale di Castello d'Argile (di Threecharlie, licenza CC BY-SA 4.0)
Durante le operazioni di spegnimento del rogo, il corpo senza vita non fu inizialmente notato, perché sepolto dalle macerie. Fu poi ufficialmente rinvenuto carbonizzato il 3 settembre in un ulteriore sopralluogo. Una sorella ne aveva denunciato la scomparsa due giorni prima. Nelle ore successive alla scoperta del cadavere, l'ex compagno della vittima, Mohamed Chamekh, connazionale di 41 anni, fu indiziato per omicidio.
Sarebbe stato lui ad appiccare l'incendio. L'uomo infatti aveva effettuato una telefonata alla madre e ad una sorella della trentaduenne rivelando che l'ex compagna era morta.[1][2] In un primo momento si suppose che la donna fosse stata bruciata viva, ma in seguito le indagini ritennero che fu uccisa per soffocamento, poi data alle fiamme.[3]
Secondo le ricostruzioni, il quarantunenne aveva rubato i documenti della vittima e di una sua figlia. Il giorno dell'agguato il marocchino avrebbe teso una trappola alla trentaduenne, chiedendole di incontrarsi con lui in un casolare di Castello d'Argile per restituirle ciò che le aveva sottratto. Ma lì il malintenzionato avrebbe commesso l'omicidio, poi avrebbe appiccato l'incendio nel tentativo di cancellare le tracce.[4] Irreperibile e ricercato dai militari, l'indiziato fu rintracciato e bloccato nel pomeriggio del 4 settembre dalla Polizia ferroviaria a Ventimiglia, mentre tentava di lasciare l'Italia, probabilmente per ritornare in Marocco passando dalla Francia.
La signora Gharib viveva in Italia dal 2002 e aveva due figlie di 16 e 17 anni, nate da un precedente matrimonio dal quale aveva divorziato. Nel febbraio del 2019 aveva iniziato una nuova relazione con Chamekh. Successivamente la donna avrebbe scoperto l'uomo mentre molestava una delle sue figlie: il quarantunenne l'avrebbe palpeggiata. Per questo, lei lo aveva mandato via dalla propria abitazione. Dopodiché lui cominciò a minacciarla e lei lo aveva denunciato. Nei suoi confronti fu emesso un divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla donna e da sua figlia, ma ciò non bastò per evitare il delitto.[1][2]
Il 6 settembre fu convalidata la custodia cautelare in carcere al termine dell'interrogatorio di garanzia, in cui l'uomo si avvalse della facoltà di non rispondere dinanzi al giudice per le indagini preliminari.[5] Nell'estate del 2020 Chamekh fu rinviato a giudizio per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai futili motivi e dalla relazione affettiva nei confronti della vittima.[6][7] Contestati anche i reati di distruzione di cadavere, incendio, lesioni, minacce e atti persecutori.
Nel corso del processo la difesa aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale per la mancata concessione del rito abbreviato. L'istanza fu però respinta dalla Corte.[3] L'uomo fu poi sottoposto a una perizia psichiatrica per valutare il suo stato di salute mentale.[8]
Nelle ultime udienze del procedimento di primo grado, i periti incaricati evidenziarono che l'omicidio non era spiegabile con le patologie psichiatriche di cui l'imputato era affetto e, in particolare, non era possibile legare con certezza il delitto alle proprie manifestazioni di psicosi. Inoltre il quarantunenne non versava in condizioni d'intossicazione cronica da alcol o altre sostanze durante dell'atto criminoso. Fu dunque dichiarato capace di intendere.[9]
Il 7 febbraio 2022 venne condannato all'ergastolo, con quattro mesi di isolamento diurno, dalla Corte d'Assise di Bologna.[10][11] Le motivazioni della sentenza sottolinearono il "movente femminicida" del gesto, maturato per riaffermazione della volontà di "possesso virile sulla donna", e per barbara necessità di vendicare il proprio malconcepito senso di onore, a cui non fu accompagnato alcun pentimento, anzi, l'omicidio fu rivendicato con orgoglio e soddisfazione.[12][13]
Foto di Ferrara, città di residenza della vittima (di Ввласенко, licenza CC BY-SA 3.0)
Nell'aprile del 2022, al termine del processo di primo grado relativo agli abusi sulla figlia minorenne della signora Gharib, l'uomo fu condannato dalla Corte d'Assise di Ferrara a 2 anni di reclusione.[14] La pena divenne definitiva.[15]
Nel dicembre del 2022 la Corte d'Appello di Bologna confermò l'ergastolo. Chamekh, prima della lettura della sentenza, rilasciò dinanzi al collegio giudicante delle dichiarazioni spontanee in cui esprimeva il suo pentimento per il gesto commesso. Questo però non influì sulla modifica del "fine pena mai".[16] Nell'ottobre del 2023, tuttavia, la Corte di Cassazione accolse parzialmente il ricorso della difesa e annullò la sentenza di secondo grado, limitatamente all'aggravante della premeditazione. Confermata invece quella dei futili motivi. Il processo fu dunque rinviato a una nuova sezione della Corte d'Appello per la rivalutazione degli anni di pena.[17][18]