Voce su Giuseppina Di Luca
Giuseppina Di Luca, 46 anni, chiamata Giusy dai conoscenti, fu uccisa la mattina del 13 settembre 2021 ad Agnosine, un comune della Valsabbia in provincia di Brescia.[1][2]

Uno scorcio della Chiesa dei Santi Ippolito e Cassiano ad Agnosine, in provincia di Brescia, dove sono stati celebrati i funerali di Giusi di Luca (su concessione di BeWeB - Beni Culturali Ecclesiastici in Web)
A compiere il delitto fu l'ex compagno, Paolo Vecchia, 52 anni. L'uomo si recò all'abitazione dove la vittima si era trasferita da poche settimane. Sapendo che sarebbe uscita per andare a lavorare, il malintenzionato si appostò nei paraggi per seguirla e colpirla, prima con un coltello a serramanico e poi con un pugnale.
La violenta aggressione si consumò sulle scale della palazzina, con numerosi fendenti che non lasciarono scampo alla quarantaseienne. A trovare per primo il corpo in fin di vita della vittima sarebbe stato un ospite, giunto sul posto per incontrare un condomino. In seguito furono allertati i soccorsi. Gli operatori del 118 tentarono per circa un'ora di rianimare la signora Di Luca, ma alla fine non poterono fare altro che constatare il decesso. Troppo gravi le lesioni subite.
Vecchia e la donna erano sposati da circa 26 anni. Per 20 anni avevano vissuto a Sabbio Chiese (Brescia), ma negli ultimi tempi si erano separati e alloggiavano in differenti abitazioni. Lei, originaria di Morano Calabro in provincia di Cosenza, aveva trovato una nuova sistemazione ad Agnosine, dove lavorava in una nota azienda della zona. Dalla loro relazione erano nate due figlie di 21 e 24 anni. Insieme alla donna si era trasferita anche la secondogenita, che però la mattina di quel drammatico 13 settembre non era in casa e non dovette assistere alla brutale aggressione.
Il cinquantaduenne successivamente si presentò alla caserma dei Carabinieri di Sabbio Chiese (Brescia) per costituirsi. Nel primo interrogatorio di fronte agli inquirenti si avvalse della facoltà di non rispondere, facendo però ritrovare le armi da taglio utilizzate per compiere il delitto.[3][4] Fu condotto in carcere con l'accusa di omicidio volontario.
Nei giorni successivi, durante l'interrogatorio di garanzia, l'uomo aveva risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari ammettendo le proprie responsabilità.[5][6] Nel marzo del 2022 furono chiuse le indagini della Procura di Brescia. Nei confronti di Paolo Vecchia venne confermata la contestazione del reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, la crudeltà e il vincolo coniugale.[7][8] Tre mesi dopo fu rinviato a giudizio.[9]
Nel corso del processo, la figlia maggiore della coppia testimoniò dinanzi alla Corte d'Assise di Brescia, riferendo che il padre, dopo il delitto, si era recato a casa e aveva confessato l'omicidio: "Ti ho ucciso tua madre, proprio come ti ho promesso".[10] In una successiva udienza fu l'uomo a raccontare la propria versione dei fatti. Vecchia riferì che la mattina del 13 settembre 2021 si era recato sotto l'abitazione della ex per parlarle, dopo aver ricevuto la lettera di separazione.
Si era portato dietro due coltelli, a suo dire soltanto per spaventarla, escludendo di aver premeditato l'omicidio. Quando si incontrarono all'esterno dell'appartamento, lei avrebbe tentato di evitarlo, ma lui l'avrebbe afferrata con un braccio. La vittima gli avrebbe ribadito di volersi separare e di avere un altro compagno. Al contempo sarebbe scoppiata una colluttazione durante la quale il cinquantaduenne colpì ripetutamente la donna, togliendole la vita. L'imputato precisò in aula di non ricordare di averle inferto circa quaranta coltellate, come stabilito dall'esame autoptico. Avrebbe anche tentato di rianimarla, ma non ci fu nulla da fare. Poco dopo andò a costituirsi dai Carabinieri.[11][12]

Uno scorcio panoramico di Morano Calabro in provincia di Cosenza, paese d'origine di Giusy Di Luca (di Marcus 1756, licenza CC BY-SA 3.0)
Il 13 luglio 2023 la Corte d'Assise di Brescia aveva condannato l'imputato all'ergastolo. Il verdetto escluse l'aggravante della crudeltà, contestata dalla pubblica accusa.[13][14] Furono riconosciuti invece il reato di maltrattamenti e l'aggravante della premeditazione. Secondo le motivazioni della sentenza, il movente andava individuato nella "prostrazione provata dall'uomo a fronte della prospettiva, divenuta ormai assai concreta, del definitivo sgretolamento del rapporto di coppia, vissuto acriticamente come un'ingiustizia" da parte sua.
Sempre secondo le motivazioni del verdetto di primo grado, Vecchia "non aveva esaurito la propria energia distruttiva nell'agguato mortale teso alla moglie, lasciandola agonizzante lungo le scale della casa di Agnosine, ma aveva infierito anche sulle figlie sfogando su di loro il livore accumulato nel passato, rivendicando, con orgoglio misto a sadismo l'uccisione della genitrice al cospetto di una delle due, ancora in dormiveglia".[15][16]
Il 12 aprile 2024 la Corte d'Appello di Brescia confermò l'ergastolo per l'imputato.[17][18] La sentenza fu resa definitiva, nel dicembre dello stesso anno, dalla Corte di Cassazione.[19]