Voce su Melina Marino e Santa Castorina
I corpi senza vita di Melina Marino e Santa Castorina furono rinvenuti nel corso della mattinata dell'11 febbraio 2023, tra le 8.30 e le 10.00, a Riposto, un comune della riviera ionica in provincia di Catania.[1]
La Basilica di San Pietro, Chiesa Madre di Riposto in provincia di Catania (di Effems, licenza CC BY-SA 4.0)
La prima, 48 anni, fu trovata morta all'interno della propria auto, ferma sul lungomare di Pantano. Più tardi la seconda vittima, 50 anni, fu trovata in fin di vita, agonizzante e gravemente ferita in strada, lungo via Roma. I soccorritori giunti sul posto provarono a rianimarla, ma la donna purtroppo non riuscì a sopravvivere. Entrambe furono raggiunte da proiettili d'arma da fuoco.
Poche ore dopo, intorno a mezzogiorno, un uomo si presentò armato di pistola all'esterno della caserma dei Carabinieri di Riposto. L'individuo avrebbe inizialmente espresso la volontà di costituirsi ma, poco dopo, estrasse una pistola e si suicidò, mentre era tenuto sotto tiro dai militari che cercavano di convincerlo a liberarsi dell'arma da fuoco. La pistola sarebbe la medesima utilizzata per uccidere le due donne.[2][3]
L'uomo era Salvatore La Motta, 63 anni, un pregiudicato già noto alle forze dell'ordine. "Turi", così veniva chiamato dai conoscenti, era un ergastolano in regime di semilibertà, detenuto per mafia in licenza premio per una settimana. Avrebbe dovuto rientrare nel carcere di Augusta proprio nel corso della stessa giornata.[4]
Il sessantatreenne in passato era ritenuto un esponente di spicco del clan mafioso Santapaola. Fu arrestato dai Carabinieri a Riposto il 16 giugno del 2000. Otto giorni prima venne condannato all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Catania e riconosciuto colpevole di essere uno dei componenti del gruppo di fuoco che, il 4 gennaio del 1992 davanti a un bar del paese, uccise Leonardo Campo, 69 anni, ritenuto uno dei capi storici della malavita di Giarre.[5]
Turi era il fratello di Benedetto La Motta, 65 anni, noto in paese come Benito o Baffo, arrestato nel luglio del 2020 nell'ambito di un'inchiesta su un omicidio e indicato come il referente a Riposto della famiglia mafiosa di Santapaola-Ercolano.
Poco chiaro il movente del duplice omicidio e il legame del sessantatreenne con le due vittime. Nei confronti della prima, la signora Marino, l'uomo avrebbe avuto in passato una relazione.[2][3] Le due donne si conoscevano. Gli inquirenti ipotizzarono che la quarantottenne volesse allontanarsi da La Motta. Un'intenzione che avrebbe potuto confidare all'amica Santa Castorina. L'uomo avrebbe dunque voluto "punire" la donna che voleva lasciarlo, assieme all'amica considerata "un ostacolo", o quantomeno sospettata di avere incoraggiato la signora Melina ad allontanarsi da lui.[6]
Nei giorni successivi, un conoscente di La Motta fu fermato dalla Procura. Si trattava di un cinquantacinquenne ritenuto il presunto complice del killer, poiché lo stesso avrebbe accompagnato l'ergastolano sul luogo del primo delitto. L'uomo in un primo momento si avvalse della facoltà di non rispondere. Poi, nell'interrogatorio di garanzia, si dichiarò estraneo ai fatti, precisando che lui aveva soltanto "dato un passaggio" al sessantatreenne con la sua auto.[7]
Il giudice per le indagini preliminari, tuttavia, il successivo 14 febbraio, aveva convalidato il fermo e disposto la permanenza in carcere per l'indiziato. Il reato contestato era quello di concorso nell'omicidio della prima donna, Melina Marino.[8] Nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, il gip avrebbe sostenuto che La Motta avesse una relazione con entrambe le vittime.[9] Nel novembre del 2024 il presunto complice fu assolto dalle accuse e scarcerato per "non aver commesso il fatto".[10]