Voce su Margherita Ceschin
Margherita Ceschin, 72 anni, fu trovata morta il 24 giugno 2023 nell'abitazione dove risiedeva, in via XXVIII Aprile a Conegliano, in provincia di Treviso.[1]
L'anziana, originaria di San Pietro di Feletto, era madre di due figlie e nonna di tre nipoti.[2] Dal 2015 era separata dal marito Enzo Lorenzon, 80. anni La sera del 24 giugno la vittima aveva un appuntamento con alcune amiche che, non venendola arrivare, avevano lanciato l'allarme. Un vicino di casa, avvisato della situazione, provò a mettersi in contatto con la signora che, però, non rispondeva. L'uomo riuscì ad introdursi all'interno dell'abitazione e fece la drammatica scoperta del corpo senza vita.

Uno scorcio di Conegliano scattato dal Castello (di Paolo Steffan, licenza CC BY-SA 3.0)
Inizialmente si pensò ad un malore della donna, ma i successivi accertamenti portarono le indagini sulla pista dell'omicidio. Secondo l'esame autoptico, la vittima fu tramortita con uno o più colpi alla testa e allo sterno. Nel corso dell'aggressione fu anche soffocata, presumibilmente con un cuscino. Il decesso dell'anziana risaliva a circa ventiquattro ore prima del ritrovamento, nell'arco temporale tra le 21.00 e le 22.45 del 23 giugno.[3]
Una delle prime ipotesi avanzate dagli inquirenti fu quella della "rapina finita male": tre persone avevano fatto irruzione nell'appartamento della signora Ceschin, scalando il tubo di una grondaia per poi passare da una porta-finestra. Con il passare del tempo, tuttavia, si delineò un nuovo scenario. Circa un mese dopo, il 22 luglio 2023, i Carabinieri del Comando Provinciale di Treviso, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, sottoposero a fermo di indiziato di delitto quattro persone: tre uomini e una donna.[4][5]
Si trattava del presunto mandante dell'omicidio, Enzo Lorenzon, ex marito della vittima, che secondo gli inquirenti aveva agito in concorso con una donna di 32 anni, Dileysi Lorenzo Guzman, originaria della Repubblica Dominicana. Poi Sergio Antonio Luciano Lorenzo e Juan Maria Beltre Guzman, rispettivamente di 38 e 41 anni, parenti connazionali della trentaduenne. Quest'ultima conviveva da tempo con l'ottantenne ed era stata anche assunta come collaboratrice domestica.
Secondo le ricostruzioni delle indagini, Lorenzon, proprietario di un'azienda vinicola di Ponte di Piave, avrebbe commissionato l'uccisione dell'ex moglie, il cui movente sarebbe da ricercare nei "profili economici connessi con la pratica di divorzio" tra i due anziani, aggravati dal rancore nutrito nei confronti della signora Ceschin.
A indirizzare gli investigatori sulla figura dell'ex marito della vittima sarebbero state le testimonianze di alcuni conoscenti, che avevano raccontato di un cattivo rapporto tra i due ex coniugi. La coppia si era separata nel 2015 e l'anziana, nel 2019, si trasferì a Conegliano per stare più vicino ad una delle figlie e alle nipotine. La causa di divorzio era ancora in corso, ma l'uomo versava alla ex moglie un assegno mensile di circa 10 mila euro che, secondo le indagini, non era più disposto a pagare.
Dalle ricostruzioni investigative era inoltre emerso che l'imprenditore covava un radicato rancore nei confronti dell'ex coniuge, scaturito forse anche dal fatto che la settantaduenne aveva sollecitato l'esecuzione di un controllo nell'azienda di Lorenzon da parte dei Carabinieri del Nas per presunte alterazioni illecite nella produzione di vino.[6] Per uccidere la signora Ceschin, l'ottantenne avrebbe promesso ai sicari un lauto compenso in denaro.[7][8]
Dei quattro fermati, Lorenzon e Dileysi Guzman furono considerati i mandanti. Juan Maria Guzman invece avrebbe agito da intermediario, non partecipando alla spedizione omicida la sera del 23 giugno a casa della vittima. Sergio Luciano Lorenzo risultava l'unico fermato tra gli esecutori materiali del delitto. Gli altri due erano irreperibili perché fuggiti all'estero. Successivamente i quattro indiziati si avvalsero della facoltà di non rispondere nell'interrogatorio di garanzia. Il giudice per le indagini preliminari aveva convalidato tutti i fermi.[9][10]
Nel seguente mese di agosto, tuttavia, il Tribunale del Riesame accolse il ricorso della difesa di Dileysi Guzman e annullò le ordinanze di custodia cautelare a suo carico. La trentaduenne ritornò a piede libero.[11] Nelle motivazioni della decisione fu rilevata la mancanza di elementi che provassero la partecipazione attiva della donna all'omicidio. Infatti Dileysi Guzman, pur essendo a conoscenza del delitto a fatti già avvenuti, non avrebbe figurato tra coloro che, quattro giorni prima dell'agguato mortale, si incontrarono a Breda di Piave per definire i dettagli dell'operazione, né sarebbe stata tra quelli che avevano partecipato ai numerosi sopralluoghi in via XXVIII Aprile a Conegliano, dove viveva la vittima.[12]
Nei mesi successivi fu arrestato uno degli altri due presunti esecutori materiali del delitto. Si trattava di un dominicano di 29 anni, Jose Luis Mateo Garcia, rintracciato a El Vendrell, in Spagna, e arrestato il 3 gennaio 2024.[13][14] Costui fu estradato in Italia il successivo 8 marzo. Interrogato dal gip, si avvalse della facoltà di non rispondere.[15] L'altro ricercato, rimasto latitante, era Joel Luciano Lorenzo, fratello di Sergio Lorenzo.[16]
Nel maggio del 2024 la Procura di Treviso chiuse le indagini. Secondo le ricostruzioni, Lorenzon avrebbe promesso alla banda di dominicani il pagamento di un milione di euro in contanti più la cessione di alcune case a Santo Domingo. Sempre secondo le risultanze investigative, la spedizione omicida del 23 giugno 2023 era composta da Sergio Antonio Luciano Lorenzo, Jose Luis Mateo Garcia e Joel Luciano Lorenzo. Dei tre, però, solo i primi due avrebbero commesso l'omicidio, mentre l'ultimo (quello rimasto latitante), avrebbe fatto da "palo". Per la convivente di Lorenzon, Dileysi Guzman, fu chiesta l'archiviazione. Dall'inchiesta furono inoltre stralciate le posizioni di Jose Luis Mateo Garcia e Joel Luciano Lorenzo, per cui si procedette in un filone separato.[17]
L'8 luglio 2024 fu arrestata la compagna di Joel Lorenzo, la ventiquattrenne Kendy Maria Rodriguez. L'indagata era accusata di concorso in omicidio volontario e fu sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la donna avrebbe agito da mediatrice nei contatti tra i vari protagonisti della vicenda e si sarebbe adoperata nel trovare soluzioni per incassare il denaro della commissione e non fare individuare né esecutori materiali, né il mandante dell'omicidio.[18][19]
Il 25 ottobre 2024 la Polizia della Repubblica Dominicana aveva arrestato il latitante Joel Luciano Lorenzo,[20] rintracciato in località San Juan de la Maguana (capoluogo della provincia di San Juan nella parte sud-occidentale del paese caraibico). Il giovane, ventiquattrenne all'epoca del delitto, al termine dell'iter di estradizione fu riportato in Italia il successivo 26 gennaio 2025.[21] Nel frattempo, il 26 dicembre 2024, Jose Luis Mateo Garcia e Kendy Maria Rodriguez furono rinviati a giudizio e si aggiunsero agli altri tre imputati, già a processo: Enzo Lorenzon, Sergio Antonio Luciano Lorenzo e Juan Maria Beltre Guzman.[22]
Nel febbraio del 2025 fu reso noto che Joel Luciano Lorenzo aveva confessato la sua partecipazione al delitto, pur essendone inconsapevole: "Eravamo in tre, ma non sapevo andassimo a compiere un omicidio".[23] In un lungo interrogatorio dinanzi agli inquirenti della Procura di Treviso, il giovane aveva precisato di non aver ucciso la signora Ceschin, ma di essere rimasto fuori la porta dell'abitazione di via XXVIII Aprile a Conegliano, mentre un altro complice era entrato all'interno per compiere l'aggressione mortale. Un terzo complice, invece, sarebbe rimasto nei dintorni, in strada, per sorvegliare la zona.[24]
Un mese dopo, in un secondo interrogatorio, Joel Luciano Lorenzo aveva reso una piena confessione, smentendo alcune parti della sua precedente versione. Il giovane fece i nomi dei complici: "Fu Enzo Lorenzon a pagare il sicario, Mateo Garcia, arrivato dalla Spagna. E a mio fratello, Sergio Antonio Luciano, che aveva organizzato il delitto, Lorenzon aveva promesso, oltre al denaro, un immobile di sua proprietà a Ponte di Piave". Il reo confesso, inoltre, sapeva qual era l'obiettivo della spedizione: "Ci recammo sul posto per uccidere l'ex moglie, Margherita Ceschin". Joel Luciano Lorenzo, tuttavia, confermò di essere rimasto fuori dall'abitazione, facendo da "palo", mentre a compiere materialmente il delitto sarebbe stato Jose Luis Mateo Garcia.[25][26]
Nell'udienza del 3 aprile 2025, il pentito dominicano confermò la sua ricostruzione in aula, davanti ai giudici della Corte d'Assise di Treviso. Il giovane aggiunse anche che, dopo il delitto, era rimasto ospite nella casa del sicario Mateo Garcia a Barcellona, come "ostaggio", mentre quest'ultimo continuava a chiedere a Lorenzon il compenso per l'omicidio. La deposizione di Joel Luciano Lorenzo fu favorevole nei confronti della sua ex fidanzata, Kendy Maria Rodriguez ("Lei non sapeva né del piano, né del delitto"), e dell'intermediario Juan Maria Beltre Guzman ("Non so se fosse al corrente del piano").[27]
Kendy Rodriguez, in particolare, sarebbe venuta a conoscenza del piano solo qualche tempo dopo. La giovane avrebbe tentato di proteggere Joel, il padre del bambino che allora portava in grembo (poi perso per un aborto spontaneo). Per questo la ventiquattrenne si sarebbe interessata ai soldi che Jose Luis Mateo Garcia esigeva da Sergio Lorenzo. Per Juan Maria Guzman non erano emersi elementi per ritenerlo l'esecutore materiale dell'omicidio, né avrebbe agito da committente. Inoltre il suo coinvolgimento si sarebbe manifestato soltanto nelle fasi successive al delitto (alla luce di tali considerazioni, il giovane fu successivamente scarcerato).[28]
Nel corso della stessa udienza fu anche ascoltata un'altra testimone, una donna di origini pugliesi, amica di Lorenzon, che nel 2017 sarebbe stata destinataria di una particolare richiesta da parte dell'uomo. L'imprenditore agricolo le avrebbe domandato se conoscesse qualcuno della malavita organizzata che fosse stato disponibile a "dare una lezione" alla ex moglie: "Voglio vederla su una sedia a rotelle, o magari morta", le avrebbe detto Lorenzon. «Mi ha minacciata più volte – ha continuato la testimone durante della sua deposizione –, diceva che conosceva degli albanesi che mi avrebbero fatto del male. Era convinto che avere i soldi equivalesse a detenere il potere di vita e di morte sulle persone e schiumava di rabbia quando io pronunciavo i miei "no"».[29]
Nell'udienza dell'8 maggio 2025 avevano testimoniato le due figlie della vittima. Secondo quanto dichiarato da Elisabetta Lorenzon, il padre era "un uomo assente", portato a raccontare bugie in maniera patologica, anche quando non ce ne fosse stato bisogno, e che in famiglia portava solo pesantezza: "Prima della separazione, la mia era una famiglia disfunzionale in cui la mamma era costantemente minata nella sua autostima. Lei non ha potuto godere di un'indipendenza economica. Ad un certo punto ha raggiunto la consapevolezza di non farcela più e ha chiesto la separazione".
La donna in aula raccontò anche di numerose violenze verbali nei confronti della madre, in diverse occasioni sfociate in vere e proprie aggressioni: «Ero piccola, ma ricordo distintamente alcuni episodi di violenza fisica. Le diceva che era una poco di buono, che andava con tutti, la chiamava persino "porta sfiga". Dopo la separazione, pur pagando regolarmente l'assegno fissato dal giudice, non aveva mai accettato l'importo. Lei era preoccupata dalla situazione economica in cui si era trovata, poi pian piano, dopo il trasferimento a Conegliano, aveva trovato un po' di serenità. Ma aveva questa idea, questa specie di sentore che lui le potesse fare del male. Mi diceva "Prima o poi mi manderà qualcuno"».[30]
Poi fu il turno dell'altra figlia della coppia, Francesca, che descrisse Enzo Lorenzon come un "padre assente che ha creato un ambiente familiare mai felice, tanto che io non mi ricordo una sola occasione in cui si sia andati in vacanza tutti insieme. Per le discussioni in casa, ho fatto metà della seconda elementare e tutta la terza presso il comune in cui erano residenti i miei nonni. Ero molto legata a mia madre, che vedevo spessissimo e che sentivo di sovente al telefono. L'omicidio ci ha creato parecchi disagi e molta paura. Da quando ho saputo che avevano ucciso mia mamma al giorno dell'arresto di mio padre ho avuto paura per l'incolumità della mia famiglia".
Nel corso della stessa udienza fu chiamato a testimoniare anche il medico legale che si era occupato, su incarico della Procura, di effettuare l'esame autoptico. Sulla scorta delle dichiarazioni del perito, il pubblico ministero aveva integrato le aggravanti della crudeltà e della minorata difesa della vittima ai capi di imputazione.[30]