Voce su Barbara Cicioni

Uno scorcio di Compignano di Marsciano in provincia di Perugia (di LigaDue, licenza CC BY-SA 4.0)
Barbara Cicioni, 33 anni, una moglie, una madre, una donna incinta all'ottavo mese di gravidanza, venne ritrovata morta sul pavimento della camera da letto, uccisa. Il delitto avvenne la sera del 24 maggio 2007, in una villetta di Compignano, una frazione di Marsciano in provincia di Perugia.[1]
In un primo momento si ipotizzò una rapina finita male, perché sarebbe stata aperta e svuotata la cassaforte in casa, contenente 1500 euro, e forzata una portafinestra. Già due mesi prima la famiglia era stata derubata ed i ladri erano entrati dalla stessa portafinestra. Ma qualcosa non quadrava. I figli della coppia, di 4 e 8 anni, dormivano nelle loro camerette e non si erano svegliati, nonostante la casa fosse a soqquadro. Inoltre il cane non aveva abbaiato e rimasero alcuni oggetti di valore.
Ma lui, il marito dove era? Roberto Spaccino, 37 anni, dichiarò di essere tornato a casa, da una delle lavanderie che gestiva, verso l'una di notte. Trovò la moglie riversa sul pavimento con ecchimosi sul volto e una ferita alla testa. Avvisò quindi il fratello, che a sua volta telefonò al 118.
I Ris analizzarono la scena del crimine in attesa dei risultati dell'autopsia che, successivamente, stabilì il decesso della vittima per una "insufficienza cardio-respiratoria alla cui produzione avevano concorso numerosi meccanismi traumatici che, allo stato, non evidenziavano l'uso di armi proprie e improprie".[2]
Pochi giorni dopo, la svolta. Venne arrestato il marito. Gli accertamenti avevano portato altre conferme, non solo per il modo in cui Barbara Cicioni fu uccisa, ma soprattutto perché dall'esame autoptico fu rivelato che la donna era morta ben prima della mezzanotte. Inoltre, i Ris avevano poi scoperto delle macchie di sangue su un furgone usato dalla famiglia e, soprattutto, non erano riusciti a trovare tracce di estranei nella casa. Nessuna traccia nemmeno sulla cassaforte da dove sarebbero stati rubati i 1500 euro, denunciati come bottino di quello strano furto, sorprendentemente ricalcato su quello subito dalla famiglia Spaccino due mesi prima, nel marzo del 2007.[3]
Il movente? La gelosia. Ed il timore, probabilmente, che la bimba in arrivo non fosse sua. Lui disse di non aver mai avuto quella preoccupazione e si proclamò innocente. La Procura però fece emergere una realtà di maltrattamenti, nonostante il trentasettenne continuasse a sostenere che si trattava di "liti come quelle che accadono spesso nelle famiglie", che erano arrivati qualche volta a darsele ed anche quella sera era volato qualche schiaffo reciproco, perché lei lo avrebbe accusato di avere un'amante.
Nel gennaio del 2009, Spaccino testimoniò in aula alla Corte d'Assise di Perugia. L'imputato raccontò che la sera del 24 maggio 2007 lui aveva rifilato "due schiaffetti" alla moglie, "talmente leggeri che però non potevano averle fatto male", infatti quando l'uomo uscì di casa, lei dormiva e russava pure. Perché la colpì? Perché era la donna ad avergli fatto una scenata di gelosia, non volendo che lui quella sera uscisse nel timore che andasse da qualche amante.
Sempre in aula, il padre di Barbara Cicioni confermò i maltrattamenti in famiglia. La figlia gli aveva confidato: "Bastava un granello di polvere in casa per far scoppiare una discussione". Le minacce, il ricorso alle mani, gli insulti erano una pratica che si ripeteva spesso da parte di Spaccino.[1] La donna voleva salvare il suo matrimonio a tutti i costi, per non far rivivere ai propri figli quello che lei aveva patito, in quanto i genitori si erano separati quando lei era ancora piccola.
Due anni dopo il delitto, il 16 maggio 2009, Roberto Spaccino fu condannato all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Perugia. I giudici accolsero le richieste della pubblica accusa, mentre l'imputato aveva scelto di non essere presente in aula alla lettura della sentenza, preferendo restare nella sua cella del carcere di Terni.[4][5]
Oltre che per l'omicidio volontario, l'uomo venne condannato anche per i maltrattamenti nei confronti della moglie, per aver provocato l'interruzione della gravidanza e per aver simulato il furto nella villetta. Spaccino aveva picchiato e soffocato la donna, uccidendola, per poi mettere a soqquadro la casa e, nel tentativo di crearsi un alibi, si sarebbe recato in una delle sue lavanderie. Nell'abitazione non venne trovata alcuna impronta o tracce di DNA di estranei.
La sentenza di primo grado fu confermata dalla Corte d'Appello Di Perugia nel settembre del 2010. La vicenda processuale si concluse nel gennaio del 2012 con la conferma dell'ergastolo da parte della Corte di Cassazione. La vicenda processuale, appunto, ma non quella umana che segnò per sempre i protagonisti della vicenda, in particolar modo, i figli della coppia.[6]