Voce su Carmela Melania Rea

La Chiesa di Santa Croce nel complesso monumentale di Santa Maria del Pozzo a Somma Vesuviana in provincia di Napoli, dove sono stati celebrati i funerali di Melania Rea (del Catalogo dei Beni Culturali, licenza CC BY 4.0)
Carmela Rea, 28 anni, originaria di Somma Vesuviana (Napoli) e chiamata dai conoscenti Melania, scomparve durante il pomeriggio di lunedì 18 aprile 2011.[1]
A segnalare la sparizione fu il marito Salvatore Parolisi, 30 anni, allora caporal maggiore dell'esercito. Il corpo senza vita della vittima venne ritrovato due giorni dopo in un bosco di Ripe di Civitella del Tronto in provincia di Teramo, in seguito a una chiamata anonima effettuata da una cabina telefonica il cui autore non fu mai identificato.
La ventottenne era madre di una bambina di un anno. Si era trasferita a Folignano (Ascoli Piceno) per vivere insieme al coniuge, anche lui originario della provincia di Napoli, ma residente nel centro Italia per lavoro. Secondo il racconto di Parolisi, lui e la moglie, insieme alla figlioletta, si sarebbero recati a Colle San Marco, una frazione di Ascoli Piceno, per una gita fuori porta. A un certo punto, lei si sarebbe allontanata per andare in bagno, ma non fece più ritorno. Due giorni dopo, il 20 aprile, fu ritrovato il cadavere a circa 10 Km di distanza, nel bosco di Ripe di Civitella.
L'autopsia stabilì il decesso per anemia emorragica acuta. La vittima, raggiunta da 35 coltellate, non morì negli istanti successivi all'aggressione, ma dopo alcune decine di minuti di agonia.[2][3] Il cadavere presentava anche una siringa conficcata nel petto e dei marchi sulla pelle riconducibili a delle svastiche. Secondo gli inquirenti, quei dettagli rappresentavano dei tentativi di depistaggio delle indagini.
Il caporal maggiore Parolisi, inizialmente escluso dalla lista degli indiziati, venne arrestato il successivo 19 luglio 2011 con l'accusa di essere l'autore del delitto. L'uomo si era sempre dichiarato innocente, ma fu rinviato a giudizio in rito abbreviato. Nell'ottobre del 2012 fu condannato in primo grado dal Tribunale di Teramo all'ergastolo per omicidio volontario. Nel settembre del 2013, però, la Corte d'Appello de L'Aquila escluse l'aggravante del vilipendio e ridusse la pena a 30 anni di reclusione.[4][5]
Nel febbraio del 2015 la Corte di Cassazione escluse anche l'aggravante della crudeltà e rimandò il procedimento a un nuovo processo di secondo grado per la rideterminazione della pena.[6] Il successivo mese di maggio, la Corte d'Appello di Perugia ridusse la condanna a 20 anni di reclusione, senza però riconoscere le attuanti generiche. La sentenza fu resa definitiva dalla seconda pronuncia della Suprema Corte nel giugno del 2016.
Secondo le motivazioni del verdetto, Parolisi uccise la moglie al culmine di un litigio scaturito dalla propria infedeltà. La ventottenne aveva scoperto che il marito portava avanti da tempo una relazione extraconiugale con una soldata, sua allieva.[7]