Vanessa Scialfa, 20 anni, era scomparsa il 24 aprile 2012 dalla casa nella quale conviveva da alcuni mesi insieme al fidanzato Francesco Mario Lo Presti, 34 anni, a Enna. Nello stesso giorno, i genitori, preoccupati, ne denunciarono la sparizione alla polizia. Prima di presentare la denuncia, parlarono con Lo Presti che riferì che la compagna era uscita dall'abitazione senza fare più ritorno, aggiungendo in modo confuso che prima di allontanarsi avevano avuto un breve diverbio.

Nelle ore successive partirono le ricerche e gli inquirenti ascoltarono diversi conoscenti della ragazza. Fu interrogato anche il trentaquattrenne, annoverato tra i possibili sospettati. L'uomo inizialmente continuò a sostenere la sua estraneità alla scomparsa, ma dopo ore di interrogatorio, utilizzando lo stratagemma di fargli credere che il corpo della ventenne fu ritrovato, lui crollò e confessò l'omicidio. Il cadavere della vittima fu rinvenuto il 26 aprile, su indicazione di Lo Presti che condusse i militari sul posto.[1][2]
Secondo il racconto del reo confesso, Vanessa aveva pronunciato davanti a lui il nome dell'ex compagno mentre erano in un momento di intimità. Questo avrebbe suscitato un profondo sentimento di gelosia che lo portò a litigare con la ragazza. Quando lei si stava accingendo a lasciare l'appartamento, lui la bloccò, strappò un cavo del lettore DVD che aveva in casa e lo avvolse intorno al collo della vittima, strangolandola. Infine la soffocò con uno straccio imbevuto di candeggina. Durante la confessione, l'uomo aggiunse che, prima dell'accaduto aveva assunto cocaina insieme alla compagna. Dopodiché, accortosi che la Scialfa non respirava più, ne avvolse il corpo in un lenzuolo e lo caricò in macchina, recandosi lungo la strada statale Enna-Caltanissetta. Giunto su un cavalcavia in Contrada Pasquasia, nei pressi dell'ex miniera omonima, l'omicida raccolse il cadavere e lo gettò giù tra le sterpaglie.
Lo Presti fu arrestato e condotto in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere. Le indagini confermarono in parte la sua versione. L'esame autoptico stabilì il decesso per soffocamento, rilevando tracce di sostanze caustiche nell'esofago e nella trachea della vittima, ma escluse l'assunzione di sostanze stupefacenti. Non venne neanche provata l'assunzione di cocaina da parte di Lo Presti, così come non ci furono concreti riscontri sulle presunte dichiarazioni della ragazza in merito all'ex compagno.[3][4]
Il trentaquattrenne fu rinviato a giudizio. Nel corso del procedimento penale di primo grado, fu sottoposto a 4 perizie e valutato capace di intendere e di volere nel momento del delitto. È stato condannato a 30 anni di reclusione in rito abbreviato l'11 novembre 2013.[5] Pena confermata successivamente dalla Corte d'Appello il 15 febbraio 2015 e dalla Corte di Cassazione il 22 marzo 2016. La sentenza ha stabilito che l'uomo non aveva agito in preda alla gelosia e che la Scialfa non lo aveva provocato pronunciando il nome dell'ex compagno.[6][7]