
Gianna Del Gaudio, 63 anni, è stata sgozzata nella notte tra il 26 e il 27 agosto 2016 nell'abitazione che condivideva con il marito Antonio Tizzani, 68 anni, a Seriate in provincia di Bergamo. La coppia era sposata da 36 anni. Entrambi in pensione, lui era un ex ferroviere mentre lei aveva lavorato fino al 2015 come insegnante all'Istituto Superiore Rubini del comune di Romano di Lombardia (Bergamo).[1]
Era stato il sessantottenne a chiamare i soccorsi, riferendo di aver notato un ladro col volto coperto fuggire mentre lui stava rientrando nella villetta, dopo essere uscito per rinfrescare le piante in giardino. Nell'accingersi a inseguire l'individuo, trovò il corpo esanime della moglie accasciato sul pavimento in una pozza di sangue: il cadavere presentava una ferita d'arma da taglio al collo. Tale versione aveva lasciato molte perplessità agli inquirenti.
I primi rilievi effettuati sul posto non avevano riscontrato segni di effrazione su porte o finestre tali da avvalorare l'ipotesi del tentativo di rapina finito male. Sin dall'inizio, come atto dovuto, Tizzani fu iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di omicidio. Il 21 settembre, convocato a deporre su richiesta del pubblico magistrato, l'uomo si avvalse della facoltà di non rispondere. Nonostante ciò, rilasciò varie interviste a testate giornalistiche dichiarandosi sempre innocente.[2] Per tutta la durata delle indagini, è rimasto a piede libero.
Il successivo mese di ottobre gli investigatori avevano rinvenuto a circa 600 metri dalla villetta della coppia un taglierino con un paio di guanti in lattice, infilati in un sacchetto di mozzarelle consumate la sera precedente al delitto. Su entrambi i reperti erano state rilevate tracce di sangue della vittima. La relazione del medico legale sostenne che la lama di tale taglierino era "astrattamente compatibile" con la ferita sul collo che aveva causato il decesso della signora Del Gaudio.
Gli accertamenti dei Ris avevano anche isolato una traccia biologica sulla parte di lama all'interno dell'impugnatura. Traccia non chiara ma, secondo gli esperti e la Procura, attribuibile a Tizzani.[3][4] Secondo la difesa invece, la stessa non era compatibile con il profilo genetico dell'indagato: non solo perché poco chiara, ma anche perché nel corso dei prelievi il reperto sarebbe stato contaminato.[5]
Dopo più di due anni, nel novembre del 2018, sono state chiuse le indagini. Per gli inquirenti, il sessantottenne avrebbe ucciso la moglie dopo aver indossato un paio di guanti, utilizzati per non lasciare impronte, nascondendoli poi insieme all'arma del delitto a 600 metri da casa.[6] Secondo l'accusa, tracce di sangue trovate sul bordo del lavandino della casa proverebbero che l'uomo si era lavato le mani dopo aver aggredito la coniuge. Nell'abitazione non erano state rilevate tracce di DNA appartenenti a persone esterne al nucleo familiare.[7]

Tizzani era stato anche accusato di maltrattamenti nei confronti della donna, commessi per gelosia e perpetrati, secondo gli inquirenti, a partire dal 2007 e continuati nel corso degli anni seguenti.[4][8] La Procura aveva acquisito le testimonianze di alcuni vicini di casa che avevano sentito la coppia litigare poco prima del delitto. Nel luglio del 2019 l'ex ferroviere è stato rinviato a giudizio in rito ordinario.[9]
Nel corso del processo la pubblica accusa aveva reso noto alla Corte i contenuti di diverse intercettazioni ambientali in cui Tizzani, non essendo consapevole di essere ascoltato, avrebbe confessato il delitto. Tuttavia, per uno dei figli chiamati a testimoniare in udienza, quelle frasi sarebbero poco significative perché pronunciate in momenti di esasperazione.[10][11] Lo stesso imputato ha sostenuto che si trattasse di esternazioni interrogative, ribadendo la propria versione dei fatti su quanto accaduto nella notte tra il 26 e il 27 agosto 2016.[12]
Il magistrato ha richiesto per l'ex ferroviere la condanna all'ergastolo, ritenendolo responsabile sia dell'omicidio che dei maltrattamenti perpetrati ai danni della moglie.[13] Il 23 dicembre 2020, al termine del processo di primo grado, la Corte d'Assise di Bergamo ha assolto Antonio Tizzani con formula piena.[14]
Secondo le motivazioni della sentenza, la pubblica accusa era fondata intorno a un unico indizio, ovvero le tracce di DNA dell'indiziato sul taglierino, considerato l'arma del delitto. Un elemento che non è apparso poggiare su una solida base probatoria necessaria per procedere, aldilà di ogni ragionevole dubbio, verso una decisione di condanna.[15]