Siracusa. L'impegno dei Centri Antiviolenza: "Nessuna è sola", quando il 25 novembre è tutti i giorni.

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Siracusa. L'impegno dei Centri Antiviolenza: "Nessuna è sola", quando il 25 novembre è tutti i giorni.

Durante un'intervista con il maresciallo ordinario Rossana Chiriatti, del comando della Stazione dei Carabinieri di Cassibile, insieme con Daniela La Runa, del Centro Antiviolenza "Ipazia" e Maria Vittoria Zaccagnini, psicologa e presidente di "Rea", Rete Empowerment Attiva, SiracusaNews è voluta tornare sul tema della violenza di genere.

"Il fenomeno della violenza di genere è di natura 'trasversale' e trova terreno fertile in egual misura su tutto il territorio nazionale, anche se con connotazioni differenti in base al tessuto sociale e culturale di riferimento. – ha detto Rossana Chiriatti – Considerando proprio questa eterogeneità, è difficile stabilire quali siano gli strumenti più idonei per contrastarlo".

"Sicuramente, al fine di arginarlo e contenerlo è necessario che tutte le Istituzioni operino in sinergia, promuovendo campagne di sensibilizzazione su questo tema, coinvolgendo tutte le fasce d'età e a tutti i livelli la popolazione. È necessario inoltre che di questa tematica si parli costantemente, in modo che le vittime non vadano mai dimenticate e che la loro esperienza sia di testimonianza e di ispirazione, sia per le opere di prevenzione, sia per decidere di farsi avanti, e denunciare eventuali torti e violenze subiti".

A oggi molto è stato fatto dal punto di vista legislativo prima con il Codice rosso e poi con il recente ddl che accelera i procedimenti. "Durante la denuncia vengono – continua Chiriatti – poi illustrate tutte le fasi successive alle quali andrà incontro dopo aver compiuto questo importante passo e le verrà ribadito che non sarà lasciata da sola e che verrà seguita in ogni fase, che consisterà anche nel metterla in contatto con strutture apposite sul territorio quali per esempio località protette e Centri Antiviolenza. La fase di denuncia è quanto mai necessaria per iniziare un difficile ma necessario processo che porterà ad una rinascita, e al ritrovamento della serenità perduta".

Alla domanda su un possibile identikit di "persona violenta" che può essere universalmente valido per prevenire il fenomeno della violenza di genere, Chiriatti risponde: "se esistesse un identikit con cui tracciare i tratti salienti della persona violenta sarebbe tutto molto più facile e molti passi in avanti verrebbero fatti nel contrasto alla violenza di genere. Tuttavia, anche se non esiste questa possibilità, è bene ricordare sempre quei 'campanelli d'allarme' che devono accendere in noi la lampadina della consapevolezza che nessuno, e sottolineo Nessuno, può decidere della nostra vita, o privarci della serenità".

Daniela La Runa ha parlato della definizione del termine "femminicidio". Il termine – che è poi stato ripreso da istituzioni internazionali come le Nazioni Unite e l'Organizzazione mondiale della sanità – non indica una fattispecie di reato e non serve a distinguere le vittime per gravità: dice che è morta una donna e definisce il contesto e le ragioni per cui è stata uccisa. Nei femminicidi, tuttavia, vengono fatti rientrare anche gli atti di violenza contro le donne esercitati da partner o ex partner, ma anche da padri, fratelli, conoscenti.

E infine, parlando di casi di violenza minore, Zaccagnini ha raccontato un recente caso seguito in associazione: "Giovedì 9 novembre si è concluso il primo grado del processo per violenza sessuale di grado lieve in cui la nostra associazione si è costituita parte civile".

"I fatti in breve. Un dipendente di una ditta che stava svolgendo lavori presso un immobile privato, durante un sopralluogo della proprietaria dello stesso, mentre parla dello stato dei lavori, sente di poter posare la sua mano nelle parti intime della stessa. Lei indietreggia spiazzata da quanto successo e, dopo un attimo di smarrimento, incredula, continua a parlare di lavoro".

"Poco dopo, lo stesso soggetto, fa un secondo tentativo palpeggiandola con entrambe le mani, una avanti e l'altra dietro. Lei indietreggia ancora e si allontana. All'evento ha assistito un altro operaio che non è intervenuto. La signora, dopo tre mesi denuncia il reato".

"Viene richiesto il rito abbreviato, quindi fanno fede le dichiarazioni dei testimoni. La signora presenta anche le immagini della videocamera di sorveglianza che, però, riprende solo la seconda aggressione. L'evento, dall'imputato e dai suoi testimoni viene svilito come una semplice 'spolverata al jeans' su richiesta della signora. E per di più viene descritta come una Circe tentatrice che va al cantiere per sedurre gli operai".

"Inoltre, durante la discussione della difesa dell'imputato abbiamo appreso che esistono solo precise terminologie idiomatiche per far comprendere ad un molestatore che non deve molestare: stop, basta, no! Espressioni colloquiali non sono consentite, a quanto pare. Suo malgrado, il detto avvocato, ha dovuto prendere atto che così non è: ogni atto di reazione da parte della donna molestata, quale che siano le parole usate, è un rifiuto, non è contestabile".

"Comunque, l'imputato è stato condannato a 1 anno e 8 mesi con pena sospesa. Ma il PM, che ha fatto una requisitoria precisa e puntuale andando a scardinare ogni pregiudizio possibile, aveva richiesto pena base di 2 anni e 6 mesi, aumentata a 3 anni per il secondo episodio, diminuita per il rito abbreviato a 2 anni".

"Una cosa sola bisogna tenere sempre presente: senza consenso è violenza".

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