Voce su Elena Panetta
La mattina del 6 agosto 2018 Emanuele Riggione, 42 anni, si era presentato alla caserma dei Carabinieri di Latina per confessare l'uccisione della compagna Elena Panetta, 57 anni.
La donna era impiegata come bidella in un istituto scolastico di Roma. Il delitto avvenne in un'abitazione del quartiere Statuario della capitale dove lei e il quarantaduenne convivevano insieme da otto mesi. Secondo le dichiarazioni rilasciate agli inquirenti, la sera del 5 agosto l'omicida aveva chiesto alla coinquilina i soldi per un'ennesima dose di cocaina, ma la vittima si sarebbe rifiutata. L'uomo reagì armandosi di piccozza e colpì a morte la cinquantasettenne.
Il giorno successivo, nelle prime ore del mattino, uscì di casa per vagare disperatamente con la sua auto, pensando addirittura al suicidio. Poi la decisione di costituirsi alla caserma di Latina, dove in lacrime raccontò tutto ai Carabinieri. Venne condotto in carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato.[1]
Rinviato a giudizio in rito abbreviato, l'imputato fu sottoposto a una perizia psichiatrica.[2] L'esame stabilì che Riggione era capace di intendere e di volere nel momento del delitto. Il 9 ottobre 2019 la Corte d'Assise di Roma lo aveva condannato a 30 anni di reclusione. La sentenza escluse l'aggravante della coabitazione.[3] Il 16 giugno 2020 la pena fu confermata in Appello.[4] Il 25 giugno 2021 fu resa definitiva dalla Corte di Cassazione.[5]