Voce su Michela Fiori

La Cattedrale di Santa Maria Immacolata ad Alghero dove sono stati celebrati i funerali della signora Michela Fiori (di Sailko, licenza CC BY 3.0)
Michela Fiori, 40 anni, era stata uccisa dal marito Marcello Tilloca, 42 anni, il 23 dicembre 2018 ad Alghero in provincia di Sassari.[1]
Il delitto avvenne in mattinata al culmine di una violenta lite quando l'uomo si recò nell'abitazione dove la donna risiedeva. La vittima tentò di difendersi, ma il marito finì per strangolarla e, dopo essersi accorto di averle tolto la vita, trasportò il corpo esanime sul materasso della stanza da letto, rimboccandolo con le coperte.[2]
Nei minuti seguenti, come se nulla fosse successo, l'uomo uscì per andare ad assistere alla partita di calcetto dei due figli. Al termine dell'incontro, li riaccompagnò a casa nel luogo dove si era consumato l'omicidio. I ragazzini furono portati nella loro cameretta e da lì sentirono il padre piangere disperatamente dalla stanza adiacente.
Successivamente il quarantaduenne li fece uscire e il più grande intravide il corpo senza vita della madre disteso sul letto, credendo che stesse ancora dormendo. I due furono accompagnati da un parente che li prese con sé, mentre Tilloca, durante il pomeriggio, telefonò al proprio avvocato chiedendo di voler rivedere le pratiche di separazione, senza far minimamente accenno al fatto che la moglie fosse stata uccisa.[3][4] Poco più tardi, l'uomo si decise a costituirsi ai Carabinieri, confessando il delitto.
L'esame autoptico confermò la morte per soffocamento, evidenziando che la vittima fu prima picchiata, poi strangolata.[2] Secondo le ricostruzioni, sulla base delle dichiarazioni rilasciate da amici e parenti, la signora Fiori non intendeva più continuare la relazione con Tilloca perché lui non riusciva ad apportare un adeguato sostegno economico alla famiglia. La donna era impiegata in una cooperativa che gestiva i servizi di assistenza domiciliare per conto dei servizi sociali del comune di Alghero. Era lei quella su cui in famiglia pesavano tutte le responsabilità.

Uno scorcio delle mura e dei bastioni sulla costa della città di Alghero (di Scarabeo150, licenza CC BY 2.0)
L'uomo invece svolgeva lavori saltuari e talvolta spendeva quanto guadagnato nel gioco d'azzardo. La situazione divenne esasperata quando il quarantaduenne un giorno sottrasse al figlio lo smartphone nel tentativo di estorcere 300 euro alla moglie, telefonando da un numero privato. Scoperto quanto accaduto, fu denunciato e allontanato definitivamente dalla casa in cui conviveva insieme alla coniuge.
Lei aveva deciso di mettere fine al matrimonio e avviò consensualmente con il marito le pratiche di separazione. Tuttavia Tilloca non accettava quella decisione e si rese responsabile di minacce nei confronti della donna.[5][3] Per questo motivo la vittima fu costretta a rivolgersi a un centro antiviolenza della zona.[6]
Il reo confesso fu condotto in carcere con l'accusa di omicidio volontario. Nel corso dei primi mesi della sua detenzione aveva inviato diverse lettere alla redazione del quotidiano la Nuova Sardegna. Nella prima lettera, spedita nel febbraio del 2019, l'uomo accusò la stampa di aver diffuso un'immagine di sé distorta. Affermò che le sue azioni potrebbero essere comprese setacciando con criterio all'interno della propria vita. Con queste parole l'omicida non mostrò il minimo segno di pentimento per il gesto commesso.[7] Il mese successivo in una nuova lettera dichiarò di amare ancora sua moglie e che, nonostante i giornalisti lo avessero definito un mostro, lui invece era una persona debole e distrutta da fattori stressogeni.[8]

Uno scorcio panoramico di Alghero di notte (di Alessandro Caproni, licenza CC BY 2.0)
Ad aprile aveva messo nero su bianco la richiesta di essere compreso, dicendosi affranto e destabilizzato per la situazione in cui si ritrovava e per quello che era accaduto. Si rivolse anche ai figli scrivendo di volergli bene e di sapere che erano circondati da persone care che li avrebbero fatti crescere nel migliore dei modi. I due ragazzi, di 12 e 10 anni, andarono a vivere a Genova dai nonni materni.[9][4]
Il quarantaduenne fu sottoposto a una perizia psichiatrica che lo aveva valutato capace di intendere. Rinviato a giudizio in rito abbreviato, il 24 ottobre 2019 fu condannato dalla Corte d'Assise di Sassari a 30 anni di reclusione.[10][11] Nel processo di secondo grado i giudici respinsero la richiesta della difesa di disporre una nuova perizia psichiatrica sull'imputato.[12][13] Il 30 novembre 2020 la Corte d'Appello di Sassari aveva confermato la sentenza di primo grado.[14] L'8 marzo 2022 la Corte di Cassazione rese definitivo il verdetto.[15][16]