Voce su Zdenka Krejcikova
Zdenka Krejcikova, 41 anni, perse la vita nel corso della serata del 15 febbraio 2020 a Ossi in provincia di Sassari.[1]
Uno scorcio panoramico dall'alto di Ossi in provincia di Sassari (di Gianni Careddu, licenza CC BY-SA 4.0)
La donna sarebbe stata aggredita e accoltellata dall'ex compagno, Francesco Baingio Douglas Fadda, 45 anni, davanti agli occhi delle due figlie di lei (gemelle di 11 anni nate da una precedente relazione), all'interno di un bar di Sorso (Sassari), nel quale la vittima aveva cercato rifugio per sottrarsi alla violenza del malintenzionato. L'uomo l'avrebbe colpita con un coltello da cucina, ritrovato in seguito dai militari.
La quarantunenne, ferita in gravi condizioni, fu caricata in auto dall'ex compagno insieme alle due bambine e trasportata fino a Ossi, dove l'uomo la lasciò nell'abitazione di un conoscente, a pochi passi dalla guardia medica. Lì, nonostante l'intervento del personale sanitario giunto successivamente sul posto, non riuscì a sopravvivere.[2]
Zdenka Krejcikova, originaria della Repubblica Ceca, sarebbe già stata maltrattata da Fadda in passato. Per questo lei lo aveva denunciato e nei confronti dell'uomo era stato emesso un divieto di avvicinamento. L'individuo, conosciuto col soprannome di Big Jim, era già noto alle forze dell'ordine per precedenti penali legati alla droga e alla truffa.[3]
Quel sabato 15 febbraio, prima della fatale aggressione, Fadda avrebbe importunato la donna, infatti lei chiamò i Carabinieri che le avevano fatto visita in casa. I militari avevano parlato con l'uomo al telefono intimandolo di non avvicinarsi alla quarantunenne, ma lui si era solo temporaneamente allontanato dall'abitazione. Quando i Carabinieri tornarono in caserma, il quarantacinquenne si ripresentò nell'appartamento dell'ex compagna.[4] Dopo aver abbandonato la vittima in fin di vita a Ossi, Fadda scappò a bordo della sua auto portando con sé le due bambine.
I militari della zona avevano ricercato il latitante per tutta la notte, fin quando la sua vettura non fu rintracciata la mattina seguente. Accortosi delle volanti sulle sue tracce, aveva protratto un pericoloso inseguimento in macchina durato diverse decine di minuti. La fuga infine terminò nel parcheggio di un centro commerciale di Sassari dove l'uomo aveva tentato di allontanarsi a piedi, ma fu bloccato e fermato dai Carabinieri. Nel frattempo le figlie di Zdenka, turbate dall'accaduto, furono messe in sicurezza e affidate successivamente a una struttura protetta.[5][6]
La mattina del 14 febbraio, un giorno prima dell'omicidio, si era tenuta in tribunale una nuova udienza del processo a carico di Fadda per maltrattamenti nei confronti della quarantunenne. Quest'ultima aveva difeso l'ex compagno, testimoniando di non essere più sottoposta a violenze.[7]
Nel corso dell'interrogatorio effettuato in seguito al fermo, l'uomo si difese e sostenne che fosse la donna ad avere il coltello in mano. Sarebbe stata lei a colpirlo causandogli delle ferite alle gambe. Tale versione però non trovò riscontri da parte degli inquirenti, né nelle testimonianze, né nei risultati dell'esame autoptico che aveva stabilito il decesso per dissanguamento.
La Chiesa di San Pantaleo a Sorso in provincia di Sassari dove sono stati celebrati i funerali di Zdenka Krejcikova (di Gianni Careddu, licenza CC BY-SA 4.0)
Secondo le ricostruzioni, la vittima fu prima riempita di calci e pugni nella propria abitazione, poi accoltellata nel bar, dove si era rifugiata, con un unico fendente allo sterno che aveva raggiunto il polmone. Tuttavia la lesione non fu inizialmente letale e, probabilmente, se la donna fosse stata soccorsa in tempo, si sarebbe potuta salvare. Invece trascorse circa quaranta minuti di agonia, nel tragitto da Sorso a Ossi, per poi essere abbandonata da Fadda in un'abitazione della zona, prima di esalare l'ultimo respiro.[8][9]
Il 20 febbraio, nell'udienza di convalida del fermo, il quarantacinquenne si scusò con la famiglia della vittima assumendosi le proprie responsabilità sull'esito dell'accaduto, precisando però di avere compiuto l'aggressione senza l'intenzione di uccidere. L'uomo aggiunse di non aver portato l'ex compagna al pronto soccorso di Sassari per paura di essere arrestato, dunque si era recato alla guardia medica di Ossi che però era chiusa. Così la decisione di lasciarla nell'abitazione di un conoscente, aspettando fino all'arrivo dell'ambulanza, ma successivamente si era dato alla fuga.
Il giudice per le indagini preliminari convalidò il fermo, disponendo la custodia cautelare in carcere per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalla relazione affettiva.[10][11] Il successivo 15 settembre, Fadda fu rinviato a giudizio. Nei suoi confronti furono contestati anche i reati di tortura, sequestro di persona, porto di coltello e resistenza a pubblico ufficiale.[12] Rigettata la richiesta di rito abbreviato presentata dal suo difensore.[13]
Nel corso del dibattimento l'imputato respinse le accuse affermando di non avere mai accoltellato la vittima.[14][15] Il medico legale che effettuò l'autopsia aveva confermato il decesso della donna per asfissia. Le lesioni d'arma da taglio subite avevano prodotto un collasso polmonare, provocando un'emorragia interna che soffocò la quarantunenne con il suo stesso sangue. Il professionista rilevò anche una serie di numerose ecchimosi sul corpo della vittima, riconducibili a maltrattamenti pregressi.[16][17] Fu anche sottolineato che le figlie gemelle avevano subito un grosso trauma psicologico in seguito all'omicidio della madre.[18]
In un'udienza del mese di marzo del 2021 il Pubblico Ministero, accusando Fadda di avere costretto le due bambine ad assistere all'accoltellamento e all'agonia della loro mamma, per poi trascinarle in auto per un'intera notte di fuga, revisionò il capo d'imputazione di tortura ascritto al quarantacinquenne, specificando le lesioni gravi, psicologiche e fisiche subite dalla bimba disabile e le lesioni gravissime subite dalla sorella gemella.[19][20]
Il mese successivo fu ascoltato al processo la guardia giurata in servizio alla guardia medica di Ossi, che per primo intervenne per tentare di salvare la vittima. Il testimone raccontò di aver visto la signora Krejcikova, sanguinante in fin di vita, con una ferita allo sterno. Le figlie della quarantunenne, presenti sul posto, piangevano mentre Fadda, alterato, camminava avanti e indietro e ripeteva che non c'era bisogno di chiamare il pronto soccorso perché non era successo niente. Successivamente la donna fu caricata in ambulanza, ma non riuscì a sopravvivere. Douglas invece si era già allontanato dal posto, portandosi dietro le due bambine.[21]
In un'udienza del mese di giugno, Fadda ribadì la propria versione dei fatti. Sarebbe stata la quarantunenne ad avere inizialmente il coltello in mano all'interno del bar di Sorso. Durante la lite, lei si sarebbe ferita accidentalmente dopo essere scivolata. In seguito l'uomo avrebbe voluto trasportarla all'ospedale di Sassari, ma lei si sarebbe opposta perché temeva che le bambine rimanessero da sole se i Carabinieri lo avessero arrestato. Così la decisione dell'imputato di dirigersi verso la guardia medica di Ossi. Lì il quarantacinquenne si diede alla fuga quando giunsero i militari, portandosi dietro le bambine.[22]
Foto del Monumento ai Caduti in piazza Pasquale Marginesu a Sorso in provincia di Sassari (di Gianni Careddu, licenza CC BY-SA 4.0)
La Procura, considerati i reati e le aggravanti contestate, avanzò la richiesta del carcere a vita con un anno di isolamento diurno.[23] Istanza accolta il 15 marzo 2022 dalla Corte d'Assise di Sassari che aveva condannato Fadda all'ergastolo.[24][25] Le motivazioni della sentenza evidenziarono le prove testimoniali inconfutabili e le risultanze del medico legale che esposero una dinamica dei fatti incompatibile con qualsiasi evento accidentale. Inoltre la versione fornita dall'imputato era incoerente, piena di contraddizioni e priva di logica.[26]
Il 19 giugno 2023 la Corte d'Appello di Sassari confermò l'ergastolo nei confronti di Fadda, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, commesso con crudeltà nei confronti di una persona alla quale l'imputato era legato sentimentalmente, nonché resistenza a pubblico ufficiale, sequestro di persona, tortura e porto abusivo di coltello.[27][28] Il 29 aprile 2024 la sentenza fu confermata in via definitiva dalla Corte di Cassazione.[29]