
Lorena Quaranta, 27 anni, è stata uccisa nella notte tra il 30 e il 31 marzo 2020 dal convivente Antonio De Pace, 28 anni, nell'abitazione in cui risiedeva a Furci Siculo in provincia di Messina.[1][2]
Ad allertare i soccorsi era stato il compagno della donna intorno alle 8 del mattino.[3][4] Ai carabinieri giunti nell'abitazione, l'uomo ha rivelato di aver avuto una lite con la ventisettenne, al culmine della quale l'avrebbe accoltellata, colpita con una lampada, aggredita a calci e pugni e infine strangolata. Dopodiché, avrebbe tentato di suicidarsi procurandosi delle ferite superficiali al collo e ai polsi. Sarebbero passate diverse ore prima che il ventottenne si decidesse a chiamare i soccorsi nella mattinata. Preso in custodia dai militari, De Pace è stato trasportato in ospedale per curare le lesioni che si era autoinflitto.[5]
Nei confronti dell'uomo è stato così emesso un decreto di fermo da parte della Procura di Messina. Nelle ore successive, condotto in caserma per l'interrogatorio di fronte agli inquirenti, De Pace ha confessato di essere il responsabile della morte della convivente.[6] In stato confusionale, avrebbe riferito di aver aggredito la donna perché temeva che lei gli avesse trasmesso il Coronavirus. Tuttavia gli esami disposti per la verifica del contagio, effettuati sia sull'indiziato che sulla salma della vittima, hanno fornito un responso negativo.[7][8]

Secondo la prima ispezione medica, la ventisettenne è deceduta per soffocamento. L'esame ha parzialmente confermato la versione rilasciata dall'uomo, rilevando sul corpo della donna i segni di uno strangolamento, ma non le lesioni provocate da fendenti d'arma da taglio.[9] L'aggressione sarebbe avvenuta durante la notte, poco prima delle ore 4. Da chiarire le motivazioni del gesto, per il quale gli investigatori hanno ipotizzato la non sussistenza del movente passionale. L'uomo è stato condotto in carcere con l'accusa di omicidio volontario.
Lorena Quaranta conviveva con il compagno da circa 3 anni. Si era trasferita a Furci da Favara, comune in provincia di Agrigento, mentre De Pace era calabrese, originario di Dasà (Vibo Valentia). Entrambi frequentavano la facoltà di medicina all'università di Messina.[10] Il 2 aprile, nell'udienza di convalida del fermo, il ventottenne si è avvalso della facoltà di non rispondere.[11] Il giudice per le indagini preliminari non ha convalidato il fermo, ma ha comunque disposto la misura di custodia cautelare in carcere,[12] specificando nell'ordinanza che De Pace avrebbe agito assecondando i propri impulsi criminali, senza mostrare, tra l'altro, alcun segno di pentimento.[13][14]
L'esame autoptico svolto sulla salma della vittima il successivo 20 luglio ha sostanzialmente confermato il risultato della precedente ispezione medico legale. Il decesso è avvenuto per asfissia mentre sul corpo non sono state rilevate lesioni d'arma da taglio nonostante l'indiziato avesse affermato di aver accoltellato la compagna. Rinvenuta invece una ferita al volto, probabilmente provocata da un oggetto contundente o da una caduta durante le fasi dell'aggressione.[15]
Alla fine di settembre la Procura di Messina ha chiuso le indagini nei confronti del ventottenne confermando il capo d'imputazione di omicidio volontario, ma aggiungendo tra le aggravanti anche la premeditazione precedentemente non considerata. Dalle risultanze investigative sono emersi messaggi, inviati da De Pace tramite chat ad alcuni familiari, in cui l'uomo aveva indicato la volontà di trasferire ai nipoti tutti i risparmi depositati nei proprio conto corrente. Una mossa che, secondo gli inquirenti, proverebbe la pianificazione del delitto e la consapevolezza delle conseguenze che ne sarebbero derivate. Contestate anche le aggravanti dei motivi futili e abietti e dell'aver commesso il fatto contro una persona a cui era legato da una relazione affettiva.[16][17]
Nel mese di dicembre il ventottenne è stato rinviato a giudizio. Il giudice per l'udienza preliminare ha respinto la richiesta della difesa di disporre una perizia psichiatrica sull'imputato e di effettuare il processo in rito abbreviato.[18]