Voce su Vera Mudra
Uno scorcio della Fontana dei Quattro Cavalli nel quartiere Marina Centro di Rimini (di Marco Della Pasqua, licenza CC BY-SA 3.0)
Vera Mudra (Віра Мудра), 61 anni, fu trovata senza vita durante la notte tra il 25 e il 26 ottobre 2020 all'interno della propria abitazione nel quartiere residenziale Marina Centro di Rimini.[1][2]
La donna, originaria dell'Ucraina, era sposata con Giovanni Laguardia, un pensionato di 69 anni originario della provincia di Matera. Ad allertare le forze dell'ordine fu proprio l'anziano che, intorno alle ore 4.00, mentre vagava nei pressi del porto della città, telefonò alla Polizia riferendo di volersi costituire dopo avere ucciso sua moglie.
Successivamente, raggiunto da una volante, l'uomo ribadì la propria confessione agli agenti in servizio. Il sessantanovenne commise il delitto nelle ore precedenti, poi, in preda allo shock, si allontanò da casa vagando per un numero imprecisato di minuti. Dopodiché la resa e la chiamata alle forze dell'ordine.
Inutile la corsa degli agenti, accompagnati da Laguardia nell'appartamento della coppia situato all'ultimo piano di un condominio di Marina Centro, dove si sperava che la vittima fosse ancora in vita. Fu invece trovata morta, riversa esanime in camera da letto.
Il pensionato, condotto in commissariato e interrogato alla presenza del Pubblico Magistrato, si avvalse della facoltà di non rispondere. Nei suoi confronti fu emesso un decreto di fermo con l'accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dall'aver agito in danno di una persona convivente. Nelle ore successive, il sessantanovenne fu trasferito in carcere.
La vittima venne colpita dal marito con circa 18 martellate nel corso della notte. L'arma del delitto fu ritrovata nell'abitazione, non molto distante dal cadavere della donna. La prima ispezione medico legale rilevò un profondo trauma cranico causato dai violenti colpi inferti mediante un arnese da lavoro del marito, che in passato faceva l'idraulico di professione.
Il movente dell'efferato gesto fu inizialmente ricondotto a questioni di natura economia. I litigi fra i due coniugi sarebbero stati sempre più frequenti nell'ultimo periodo. Il pensionato infatti, prima di chiudersi nel silenzio, aveva riferito ai poliziotti che la moglie lo pressava, chiedendogli di ritornare a lavorare per soddisfare le proprie richieste di denaro, avanzate soprattutto per aiutare i tre figli della donna che si trovavano in Ucraina.[3][4] Una versione che però era stata contraddetta dalla famiglia della vittima e sulla quale gli investigatori ebbero diverse perplessità. Per l'uomo, quello con la signora Mudra era il suo secondo matrimonio.
Il 27 ottobre, nell'udienza di convalida del fermo di fronte al giudice per le indagini preliminari, Laguardia si presentò in stato confusionale e si avvalse nuovamente della facoltà di non rispondere.[5] Il giudice, pur non riconoscendo il pericolo di fuga, ravvisò il pericolo di reiterazione del reato, disponendo nei confronti del sessantanovenne la custodia cautelare in carcere.[6]
Nel settembre del 2021 l'uomo fu rinviato a giudizio. Secondo le ricostruzioni finali degli inquirenti, l'anziano non aveva ucciso la moglie per motivi economici. La vittima voleva lasciare l'abitazione perché avrebbe scoperto un tradimento da parte del marito, dunque Laguardia l'avrebbe aggredita mortalmente per impedirle di andarsene. L'indiziato fu formalmente accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla convivenza e dalla minorata difesa della coniuge.[7][8]
Nel corso del dibattimento fu disposta una perizia psichiatrica per valutare lo stato di salute mentale dell'imputato.[9][10] L'esito dell'esame stabilì la piena capacità di intendere e di volere dell'uomo nel momento del delitto.[11] In seguito il PM non aveva più contestato la premeditazione e richiese il riconoscimento delle attenuanti generiche per l'immediata confessione, il fatto di essere incensurato e la buona condotta in sede processuale dell'imputato.
Il 7 marzo 2022 la Corte d'Assise di Rimini aveva condannato Laguardia a 23 anni di reclusione.[12][13] Come richiesto dalla pubblica accusa, fu esclusa l'aggravante della premeditazione e furono riconosciute le attenuanti generiche. La sentenza fu confermata dalla Corte d'Appello di Bologna nel febbraio del 2023,[14] poi resa definitiva nel successivo mese di dicembre dalla Corte di Cassazione.[15]