Voce su Nadia Debora Bergamini
Uno scorcio panoramico dell'alto della città di Latina (di Gaetano Rap, licenza CC BY 2.0)
Nadia Debora Bergamini, 70 anni, perse la vita il 14 gennaio 2022 all'ospedale Santa Maria Goretti di Latina.[1]
L'anziana, residente alla periferia del capoluogo laziale, in zona Morbella, aveva problemi di deambulazione per i quali era costretta alla sedia a rotelle. Nel corso della giornata di venerdì 14 gennaio, mentre era in casa con il genero, fu violentemente percossa. Sconosciuti i motivi dell'aggressione.
L'uomo, Antonio Salvatore Zappalà, 44 anni, era originario della Sicilia e già noto alle forze dell'ordine per diversi precedenti. Secondo le prime ricostruzioni, la vittima gli avrebbe chiesto un favore e lui, esasperato, avrebbe colpito ripetutamente l'anziana fino a farla cadere a terra. Dopodiché si sarebbe comportato come se nulla fosse successo.[2][3]
Poi nel pomeriggio una delle figlie della settantenne, moglie di Zappalà, rincasata nell'abitazione aveva trovato la madre sulla sedia a rotelle, agonizzante e con i chiari segni delle lesioni da trauma riportate. Nel frattempo il marito non avrebbe saputo riferire nulla in merito alle circostanze che avevano causato il ferimento della vittima.
Immediata la chiamata dei soccorsi da parte della figlia. I sanitari accorsi sul posto trasportarono la signora Bergamini in ospedale. Tuttavia, nonostante gli sforzi dei medici che l'avevano sottoposta in codice rosso a un delicato intervento chirurgico, la settantenne non riuscì a sopravvivere. Morì poche ore dopo, nel corso della serata.
Sul caso fu subito allertata la Polizia che aveva accompagnato Zappalà in Questura. Sugli indumenti che indossava sarebbero state notate delle tracce di sangue, ma l'uomo si dimostrò confuso sull'accaduto, arrivando persino a negare di aver colpito la suocera. Gli accertamenti degli agenti permisero però di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a suo carico.[4] Il quarantaquattrenne fu così sottoposto ad arresto e condotto in carcere con l'accusa di lesioni gravissime perpetrate ai danni della vittima.[5][6]
Determinanti ai fini delle ricostruzioni le testimonianze di alcuni vicini di casa. Fra suocera e genero in passato ci sarebbero stati degli attriti per questioni familiari, ma nulla che facesse presagire l'efferato gesto. Zappalà, interrogato dal giudice per le indagini preliminari il successivo 17 gennaio, si avvalse della facoltà di non rispondere. Nei suoi confronti fu convalidata la custodia cautelare in carcere.[7]
I primi risultati dell'autopsia avevano evidenziato vari ematomi sul corpo della donna, compatibili con le reiterate percosse ipotizzate dagli inquirenti.[8][9] Il successivo mese di dicembre l'uomo fu rinviato a giudizio con l'accusa di omicidio volontario. La difesa aveva chiesto l'esecuzione di una perizia psichiatrica per verificare la capacità di intendere e volere del proprio assistito, ma l'istanza fu rigettata dal giudice per l'udienza preliminare.[10][11]
Nell'udienza del gennaio 2023, Zappalà rilasciò dichiarazioni spontanee e chiese perdono per il gesto commesso, ammettendo di aver colpito la suocera con qualche schiaffo, ma senza la volontà di ucciderla.[12] La difesa dell'imputato aveva chiesto la derubricazione del reato da omicidio volontario a preterintenzionale. Oppure, in subordine, il minimo della pena e le attenuanti generiche. La pubblica accusa invece aveva chiesto l'ergastolo.
Il 13 giugno 2023 la Corte d'Assise di Latina aveva condannato Zappalà a 21 anni di reclusione per l'omicidio volontario della suocera, lesioni nei confronti del padre e resistenza a pubblico ufficiale. Il verdetto riconobbe le attenuanti generiche per l'imputato.[13][14]
Secondo le motivazioni della sentenza di primo grado, si era trattato di "un omicidio volontario e non di un omicidio preterintenzionale", poiché nella condotta tenuta dall'uomo si evinceva la "consapevolezza che dalla sua azione sarebbe derivata" probabilmente, se non certamente, "la morte della donna". Inoltre, ad aggravare la posizione di Zappalà, fu anche sottolineata la circostanza di non avere soccorso la vittima e di non avere chiamato un'ambulanza. Comportamenti che, secondo le motivazioni, "dimostravano la sua volontà di condurre la suocera alla morte".[15][16]