Voce su Catena Debora Pagano
Uno scorcio della Chiesa di San Giuseppe, Duomo di Letojanni in provincia di Messina, dove sono stati celebrati i funerali di Debora Pagano (di Mario Triolo, licenza CC BY-SA 3.0)
Il corpo senza vita di Catena Pagano, 32 anni, detta Debora dai conoscenti, fu rinvenuto nel tardo pomeriggio di domenica 10 luglio 2022 in un'abitazione del centro storico di Macchia, una frazione del comune siciliano di Giarre in provincia di Catania.[1][2]
La giovane donna, originaria di Letojanni in provincia di Messina, sposata e madre di una bambina, sarebbe deceduta circa 48 ore prima della segnalazione del cadavere. Ad allertare i soccorsi durante il pomeriggio era stato il marito Leonardo Fresta, 40 anni, che avrebbe riferito di aver trovato la moglie esanime in casa nella serata di venerdì 8 luglio.
La prima ispezione medica aveva valutato il decesso per cause violente, considerata la presenza di varie ecchimosi in diverse parti del corpo. Il marito fu ascoltato dai Carabinieri della compagnia di Giarre. Dal racconto dell'uomo sarebbero emerse varie incongruenze e contraddizioni. Al termine dell'interrogatorio, il quarantenne fu sottoposto a fermo e condotto in carcere con l'accusa di omicidio.[3][4]
L'indiziato aveva respinto qualsiasi addebito. Stando alla sua versione, sarebbe rimasto sotto shock dopo aver rinvenuto il cadavere della convivente nell'appartamento. Dopo aver trascorso più di 24 ore con il corpo senza vita della moglie in casa, nel pomeriggio di domenica 10 luglio l'uomo avrebbe trovato la forza di allertare i soccorsi. Nell'abitazione sarebbero stati presenti soltanto i due coniugi. La figlia della coppia, negli ultimi giorni, era stata affidata alla nonna materna, residente a Letojanni.[5][6]
Il legale di Fresta aveva dichiarato che la famiglia non aveva particolari problemi e non erano presenti contrasti tra i due coniugi, i quali vivevano una relazione tranquilla.[7] Il quarantenne si avvalse della facoltà di non rispondere nel corso dell'interrogatorio di garanzia, continuando a negare qualsiasi coinvolgimento nel decesso della moglie.[8]
Tuttavia il giudice per le indagini preliminari aveva convalidato il fermo e disposto la permanenza in carcere nei confronti dell'indiziato. L'ordinanza del gip evidenziò una sequela di anomalie comportamentali da parte del quarantenne. In primis, lo stacco temporale di oltre un giorno e mezzo tra il momento della morte e quello in cui fu lanciato l'allarme al 118, pur essendosi l'uomo, a suo dire, immediatamente reso conto del decesso.
Poi le contraddittorie versioni rese al personale sanitario giunto nell'abitazione, rispetto a quelle fornite agli inquirenti in sede di interrogatorio. Inoltre l'esame autoptico aveva rilevato la presenza di numerose ecchimosi, riscontrate in varie parti del corpo, nonché le fratture dello sterno e di una costa, che aveva contribuito a escludere ragionevolmente la causa naturale del decesso. Infine un'ingiustificata opera di pulizia dei luoghi, che comunque non impedì di rilevare, mediante l'utilizzo del Luminol, diffuse tracce ematiche all'interno dell'abitazione, anche in ambienti diversi.[9][10]
Nel giugno del 2023 l'uomo fu rinviato a giudizio.[11] Secondo la Procura, Leonardo Fresta avrebbe cagionato la morte della convivente, "colpendola in varie parti del corpo e procurandole ecchimosi e contusioni sparse, nonché la frattura dello sterno, annegandola all'interno della vasca da bagno fino a determinarne" il decesso per "l'arresto irreversibile delle funzioni vitali, consecutivo ad asfissia meccanica, primitiva e violenta da annegamento, a configurazione omicidiaria". La fatale aggressione sarebbe avvenuta per futili motivi riconducibili "a divergenze relazionali e a non meglio specificate ragioni di gelosia".
Uno scorcio panoramico dall'alto della Chiesa di Sant'Isidoro, Duomo di Giarre (di Simone Tinella, licenza CC BY-SA 4.0)
La tesi accusatoria fu respinta dalla difesa dell'imputato che, a processo, sostenne che la vittima trentaduenne "a seguito dell'assunzione di cocaina", si era sentita male ed aveva avuto uno strano tremore per poi accasciarsi sul divano. Gli esami tossicologici avevano rilevato la presenza di cocaina e benzoilecgonina nel corpo della donna e, secondo i periti incaricati dai legali di Fresta, il decesso della vittima sarebbe ascrivibile alla "intossicazione acuta" derivante da quelle sostanze.
I consulenti della Procura ebbero modo di presentare le proprie controdeduzioni, sostenendo che "non si poteva in alcun modo accertare o escludere una condizione di intossicazione acuta a causa della mancata disponibilità di campioni di sangue da analizzare, in ragione delle condizioni di grave degradazione post mortale della signora Pagano". La tesi difensiva fu dunque considerata frutto di "mera congettura" e "non supportata da dati scientifici", poiché gli stessi consulenti della difesa "non erano stati in grado di dimostrare scientificamente la loro medesima ipotesi di morte".[12]