Voce su Stefania Pivetta e Giulia Pivetta
Stefania Pivetta, 56 anni, e sua figlia Giulia, 16 anni, sono state uccise dal marito e padre Alessandro Maja, 57 anni, all'interno dell'abitazione in cui risiedevano a Samarate in provincia di Varese.[1][2]

Uno scorcio della Chiesa Parrocchiale della Santissima Trinità a Samarate dove sono stati celebrati i funerali di Giulia e Stefania Pivetta (di Ale5875, licenza CC BY-SA 3.0)
A dare l'allarme, nelle prime ore del mattino del 4 maggio 2022 sono stati i vicini di casa che hanno sentito delle forti urla provenire dall'appartamento familiare. Alcuni di loro avrebbero sentito l'uomo gridare: "Li ho uccisi tutti". I soccorsi giunti sul posto hanno trovato il cinquantasettenne ferito. In casa c'era anche il figlio Nicolò, 23 anni, gravemente ferito ma ancora in vita.
Secondo le ricostruzioni, si sarebbe trattato di un duplice omicidio seguito da un tentativo di suicidio. Il padre di famiglia, nel corso della notte tra martedì 3 e mercoledì 4 maggio, aveva aggredito moglie e figli con l'intenzione di uccidere tutti. Le vittime sarebbero state sorprese nel sonno e colpite con diversi oggetti contundenti. Tra gli aggrediti, soltanto il primogenito è riuscito a salvarsi.[3]
In seguito il cinquantasettenne avrebbe provato a togliersi la vita, ma non è riuscito nel suo intento. I sanitari hanno trasportato padre e figlio all'ospedale. L'uomo è stato fermato e piantonato con l'accusa di duplice omicidio, mentre il giovane ventitreenne è stato ricoverato in gravi condizioni con un trauma cranico. Nulla da fare invece per le due donne, mamma e figlia, purtroppo decedute.[4][5]
Maja era un noto geometra e interior designer che operava in uno studio in centro a Milano. La signora Pivetta era stata per anni casalinga, poi ultimamente era diventata una consulente di una linea di prodotti per la pelle. La figlia Giulia studiava al liceo. Negli ultimi mesi il rapporto tra i due coniugi sarebbe entrato in crisi, tanto che la cinquantaseienne si sarebbe rivolta a un avvocato per una consulenza sulla separazione dal marito.[6][7]
L'uomo, interpellato dagli inquirenti mentre era ricoverato in ospedale, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Rimangono ignote le motivazioni che lo abbiano portato all'efferato gesto. Il figlio sopravvissuto è rimasto ricoverato in gravi condizioni. Maja è stato dimesso per essere trasferito in carcere, ma nella casa circondariale ha tentato il suicidio con gesti autolesionistici. La sua condizione è stata dichiarata incompatibile con la detenzione e l'architetto è stato riportato nuovamente in ospedale.
L'esame autoptico ha appurato che le vittime sono state aggredite con cacciavite e martello. La prima a essere colpita sarebbe stata la moglie, che dormiva ed è stata anche accoltellata. Poi l'uomo si è avventato sulla figlia che avrebbe tentato, invano, di difendersi dopo essersi svegliata. Non chiaro invece se il figlio abbia provato a resistere all'aggressione messa in atto dal padre, anche se il ragazzo è riuscito a sopravvivere.
Dopodiché il cinquantasettenne, armato di trapano e coltello, avrebbe cercato di ferirsi ai polsi e all'addome nel tentativo di suicidarsi. Secondo le testimonianze di alcuni parenti, la sera prima l'architetto aveva chiesto scusa alla figlia, senza aggiungere alcuna spiegazione. L'uomo poi, in piena notte, aveva disposto sul tavolo della casa gli strumenti per compiere il massacro. Particolari che potrebbe far pensare alla premeditazione del delitto.[8][9]
Il successivo 13 maggio Maja è stato interrogato dal giudice per le indagini preliminari nel reparto di psichiatria dell'ospedale di Monza. Il cinquantasettenne sarebbe stato vago sui fatti specifici avvenuti nella notte tra il 3 e il 4 maggio, ma avrebbe contestualmente riferito di soffrire di una sorta di fobia per la situazione economico debitoria che stava attraversando nell'ultimo periodo.[10][11]
L'uomo nelle settimane successive è stato dimesso dall'ospedale e trasferito in carcere, mentre il figlio superstite, Nicolò, è uscito dal coma.[12] Dopo un ricovero durato più di quattro mesi, a settembre il ragazzo è potuto ritornare a casa.[13]