Voce su Anna Borsa
La Chiesa di Maria Santissima Immacolata, poco distante dal salone dove Anna Borsa lavorava, a Pontecagnano Faiano in provincia di Salerno (su concessione di BeWeB - Beni Culturali Ecclesiastici in Web)
Anna Borsa, 30 anni, fu uccisa nel corso della mattinata del 1º marzo 2022 all'interno del salone estetico dove lavorava come parrucchiera a Pontecagnano Faiano in provincia di Salerno.[1][2]
A toglierle la vita a colpi di pistola fu l'ex compagno Alfredo Erra, 40 anni. L'arma da fuoco utilizzata non era regolarmente detenuta. Nelle fasi concitate dell'agguato, l'uomo aveva anche ferito altre due persone presenti nel locale, fra cui il nuovo fidanzato della ragazza. Quest'ultimo subì delle gravi lesioni, ma riuscì a salvarsi grazie alle cure dei medici dopo il ricovero in ospedale.
Erra si recò appositamente sul luogo di lavoro dell'ex compagna per compiere l'azione delittuosa. Sin dalle 8.00 di mattina era presente davanti al locale e aveva chiesto di parlare con la giovane. In un primo momento la trentenne era impegnata, così l'uomo dovette attendere all'interno del salone. Poi, intorno alle 9.00, quando riuscì ad avere un colloquio con lei, il malintenzionato esplose diversi colpi d'arma da fuoco. Dopodiché il quarantenne rivolse la pistola contro sé stesso, nel tentativo di suicidarsi.
L'omicida però non riuscì nell'intento, rimanendo ferito e cosciente con un proiettile conficcato nel cranio. Come se non bastasse, l'uomo si rialzò ed esplose altri colpi, ferendo due persone. Poi abbandonò l'arma accanto al corpo esanime della vittima e fuggì a bordo di un'auto.[3]
Il ricercato fu rintracciato e bloccato nelle ore seguenti, durante il pomeriggio, dalla Polizia stradale mentre vagava in stato confusionale lungo l'area di servizio di San Mango Piemonte (Salerno), sull'autostrada A2. Date le sue condizioni, fu trasportato all'ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona e sottoposto ad un intervento chirurgico.
Erra lavorava in una ditta di autotrasporti della zona. Lui e Anna Borsa si erano lasciati circa otto mesi prima, dopo una lunga relazione. Secondo le testimonianze di parenti e conoscenti, la giovane aveva paura di lui. L'uomo non aveva mai accettato la fine di quel rapporto e insisteva nel voler incontrare la ex, recandosi più volte nei luoghi frequentati da lei. Sul profilo social del quarantenne erano presenti diversi messaggi di odio e minacce rivolte alla vittima, che mostravano una profonda ossessione nei riguardi di quella storia ormai terminata.[4][5]
Addirittura, circa un mese prima dell'omicidio, il malintenzionato l'aveva aggredita gettandole addosso del liquido infiammabile.[6][7] Familiari e conoscenti le avevano consigliato di denunciare, ma la trentenne non se l'era sentita di presentare un esposto.[8] Alla caserma dei Carabinieri erano andati sia i genitori che il fratello di lei, ma i militari non avevano potuto procedere perché doveva essere la vittima a formalizzare la querela.[9][10]
Erra fu sottoposto a fermo e condotto in carcere, accusato dell'omicidio volontario dell'ex compagna, aggravato dalla premeditazione, il tentato omicidio di altre due persone nel locale e il porto abusivo d'arma da fuoco.[11][12] Nei giorni successivi, nel corso dell'udienza di convalida del fermo, il quarantenne si avvalse della facoltà di non rispondere. Il giudice per le indagini preliminari, su richiesta della Procura di Salerno, dispose la custodia cautelare in carcere.[13][14]
Nel successivo mese di dicembre, l'uomo fu rinviato a giudizio. Contestualmente, fu respinta la richiesta di rito abbreviato presentata dalla difesa. Erra, in una lettera scritta di suo pugno e finita agli atti nell'udienza preliminare, aveva sostenuto di non aver sparato intenzionalmente alla vittima, ma di aver esploso un colpo per errore dopo essere stato spinto dal titolare del salone e dal nuovo compagno della trentenne.[15]
Nel corso del dibattimento, il consulente incaricato dalla difesa sostenne che l'imputato, nel momento del delitto, aveva una capacità di intendere lievemente scemata, mentre sarebbe stata totalmente assente quella di volere. Un quadro che avrebbe implicato il riconoscimento della seminfermità mentale. Per chiarire tale aspetto, la Corte d'Assise di Salerno dispose una perizia psichiatrica, affidata ad un consulente terzo.[16]
Le risultanze di tale esame, esposte in aula nel settembre del 2024 dal perito incaricato dal tribunale, avevano stabilito la capacità di intendere e di volere dell'imputato. L'uomo presentava una "moderata compromissione del sé e della personalità" e gli fu diagnosticato un "disturbo dell'adattamento con umore depresso", ma ogni elemento rilevato non appariva "in concreto tale da aver potuto compromettere totalmente o gravemente la capacità sia di percepire il disvalore del fatto commesso che di recepire il significato delle relative conseguenze".[17][18]
La Chiesa di Maria Santissima del Rosario di Pompei a Mariconda, quartiere della città di Salerno, dove sono stati celebrati i funerali di Anna Borsa (su concessione di BeWeB - Beni Culturali Ecclesiastici in Web)
In un'udienza tenutasi nell'ottobre del 2024, Erra testimoniò dinanzi alla Corte d'Assise di Salerno e lesse una seconda lettera, scritta di suo pugno in carcere, che suscitò l'incredulità dei presenti in aula. "La memoria di ciò che ho fatto deve restare per sempre ed essere da sprone per evitare che succeda ancora", disse l'uomo, lasciando intendere il desiderio di assurgere ad esempio per sensibilizzare sulla violenza di genere. L'imputato manifestò anche l'intenzione di scrivere alla trasmissione televisiva "Le Iene" per essere intervistato in carcere e diventare "un esempio per gli uomini violenti, una guida per loro, così mi scrivono e io posso fermarli un attimo prima".
Sulla dinamica del delitto, Erra in aula raccontò di essersi procurato la pistola per togliersi la vita davanti alla sua ex compagna, ma all'interno del salone di bellezza dove Borsa lavorava, l'uomo sostenne di aver "perso la lucidità" di fronte allo "sguardo gelido" della trentenne. La pubblica accusa, ribadendo i risultati della perizia psichiatrica che attestò la piena capacità di intendere e di volere del reo confesso nel momento dell'omicidio, chiese ai giudici il "fine pena mai" per l'imputato.[19][20]
L'istanza fu accolta il 20 gennaio 2025 dalla Corte d'Assise di Salerno, che aveva condannato Alfredo Erra all'ergastolo. La sentenza di primo grado riconobbe tutte le aggravanti contestate, tra cui la premeditazione del delitto.[21][22]