Busto Arsizio. Omicidio Carol Maltesi. Fontana in aula "Non c'era un piano dietro quello che ho fatto".

Immagine della notizia (Immagine di FraLisso su Wikipedia Commons — CC BY-SA 4.0)

Busto Arsizio. Omicidio Carol Maltesi. Fontana in aula "Non c'era un piano dietro quello che ho fatto".

Davide Fontana non si è sottratto all'interrogatorio e stamattina, lunedì 12 dicembre, dal banco dei testi ha ripercorso davanti alla Corte d'Assise di Busto Arsizio (Varese) la sua relazione con Carol Maltesi.

I due si erano conosciuti nell'ottobre del 2020 e il rapporto era ben presto diventato stretto anche se, in una prima fase, si era trattato di incontri a pagamento. Poi la relazione tra Fontana e Carol era cambiata, la frequentazione si era fatta sempre più assidua fino a quando "mi sono innamorato di lei – ha raccontato l'imputato – e lei si è innamorata di me, ci siamo fidanzati".

Il legame, però, si sarebbe rivelato di breve durata, terminando qualche mese dopo il suo inizio perché la donna "voleva più libertà e voleva avere altri partner", precisa Fontana. Fino all'incontro con Salvatore Galdo che lo stesso imputato pensava potesse essere "quello giusto" per Carol Maltesi. Poi c'era l'idea della donna di trasferirsi nel Veronese per stare vicina al figlio: "Ci ero rimasto male – ha raccontato l'imputato – ma sapevo che per lei la cosa giusta era stare vicina al figlio".

Davide Fontana, incalzato dalla pubblica accusa e dal suo stesso legale, ha ripercorso anche gli ultimi istanti di vita della donna. L'uomo aveva deciso di girare un video con identità fittizie "per alimentare la gelosia di Galdo". "Ho iniziato a colpirla leggermente con il martello come da accordi – ha spiegato Fontana - poi è successo che ho iniziato a colpirla sulla testa. Ad un certo punto ho smesso, le ho alzato il cappuccio e mi sono reso conto di quello che ho fatto: ho realizzato di averla uccisa".

"Non volevo che soffrisse, allora sono sceso, ho preso un coltello e le ho tagliato la gola. Non so perché non ho chiamato le Forze dell'Ordine, avrei dovuto farlo subito". Due mesi dopo, quando la notizia della morte della donna era ormai di dominio pubblico, l'imputato ha raggiunto la Stazione dei Carabinieri di Rescaldina: "Volevo porre fine a questa storia, dire che il corpo ritrovato era quello di Carol, tornare a casa e suicidarmi", ha ammesso Fontana in aula.

"Darei la vita per cancellare quello che ho fatto, se servisse a riportare in vita Carol morirei io stesso" – ha concluso Fontana. "Non ho mai premeditato l'omicidio, mai avrei potuto fare del male, non c'è nessun piano dietro a tutto questo. La mia condanna più grande sarà la vergogna, ma lotterò fino alla fine dei miei giorni per riabilitarmi come essere umano e per riparare se possibile". (Leda Mocchetti)

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