Reggio Emilia. Uccise l'ex compagna Juana Cecilia Loayza. Le attenuanti generiche gli evitano l'ergastolo.
Ha reso una «piena confessione», senza contare «la collaborazione processuale che è stata coerente» e «il disturbo antisociale» della personalità. «Se Genco sia pentito o no è affare solo suo, non della giustizia umana».
Così, nella motivazione della sentenza per il femminicidio del parco di via Patti a Reggio Emilia, la Corte d'Assise presieduta dal giudice Cristina Beretti (a latere Giovanni Ghini) spiega perché non ha comminato l'ergastolo – come chiesto dal pm Maria Rita Pantani – a Mirko Genco.
Nella notte tra il 19 e il 20 novembre 2021 il parmense di 26 anni abusò sessualmente per due volte, strangolò e poi finì a coltellate Juana Cecilia Hazana Loayza, mamma di origini peruviane di 34 anni con la quale aveva avuto una breve relazione e che stalkerizzava.
Il giovane è stato condannato a 28 anni e 3 mesi di carcere per l'omicidio volontario, il porto abusivo d'arma, la violenza sessuale, la violazione di domicilio e l'evasione. Ma ritenendo «le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti (futili motivi, recidiva nello stalking e minorata difesa)» il collegio giudicante ha escluso l'applicazione dell'ergastolo.
Aggiunto poi un altro anno di carcere per le evasioni in ottobre. Assolto invece dal tentato omicidio (lo strangolamento prima delle coltellate, secondo la corte «un'azione sola e un solo reato» compreso nell'omicidio) e rapina (per aver preso le chiavi dalla borsa di Cecilia per salire in casa e prendere il coltello da cucina). (Ambra Prati su Gazzetta di Reggio)