Voce su Juana Cecilia Hàzana Loayza
Juana Cecilia Hàzana Loayza, 34 anni, fu trovata morta a Reggio Emilia la mattina di sabato 20 novembre 2021.[1]
La facciata della Chiesa di San Pietro a Reggio Emilia (di Maurizio Moro5153, licenza CC BY-SA 4.0)
La donna, madre di un figlio di un anno e mezzo, era nata a Lima (capitale del Perù), ma risiedeva da anni in Italia e lavorava in una cooperativa d'assistenza a Scandiano (Reggio Emilia). Il suo corpo senza vita giaceva in un parco pubblico in fondo a via Patti, a poca distanza dalla propria abitazione dove conviveva insieme alla madre e al figlioletto. Il cadavere fu scoperto da un residente della zona e presentava diverse ferite d'arma da taglio.
I Carabinieri indirizzarono subito i loro sospetti sull'ex compagno della donna: Mirko Genco, 24 anni, residente a Parma, impiegato come venditore porta a porta di contratti per l'energia elettrica.[2][3] I militari lo rintracciarono nelle ore seguenti a Reggio Emilia, dove si trovava per lavoro. Sottoposto a fermo di indiziato di delitto, il giovane confessò le proprie responsabilità nel corso dell'interrogatorio in caserma.
Genco non si era rassegnato alla fine della relazione con l'ex compagna, rendendosi autore di molteplici episodi di maltrattamenti. Juana Cecilia lo aveva denunciato tre volte.[4] Lui fu arrestato il precedente 5 settembre per atti persecutori. Il 6 settembre, dopo la convalida dell'arresto, fu scarcerato e sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento alla vittima. Il 10 settembre però venne nuovamente arrestato per violazione di domicilio e ulteriori atti vessatori nei confronti della trentaquattrenne.[5][6]
Il 23 settembre fu sottoposto agli arresti domiciliari. Il 3 novembre, al termine del processo per stalking, aveva patteggiato una condanna a due anni con sospensione condizionale della pena concordando di intraprendere un percorso riabilitativo presso l'azienda sanitaria locale di Parma. Il giorno dopo era tornato in libertà.
Secondo le ricostruzioni, la sera del 19 novembre Genco avrebbe rintracciato la vittima tramite una foto postata da lei su Instagram che la ritraeva insieme ad altri conoscenti in un locale di Reggio Emilia, luogo in cui lui si recò successivamente per incontrarla.[7][8] Il giovane si sarebbe offerto di accompagnarla a casa. Nel corso della notte, lungo il tragitto a piedi verso l'abitazione di lei, il ventiquattrenne l'aveva aggredita, strangolandola.[9] Genco aveva persino registrato un audio sul proprio smartphone, della durata di quasi un'ora, per documentare l'incontro avuto con la donna. Il file venne consegnato dallo stesso indiziato agli investigatori.[10][11]
Secondo quanto riferito dal reo confesso agli inquirenti, Juana Cecilia sarebbe rimasta in vita, seppur incosciente, riversa in un'aiuola del parco. Lui avrebbe rovistato nella borsetta di lei, si sarebbe impossessato delle chiavi di casa e sarebbe salito nell'appartamento dove in quel momento stavano dormendo la madre e il figlioletto della vittima (nato dalla relazione con un precedente ex compagno).
Lì il malintenzionato avrebbe prelevato un coltello, usato per dare il colpo di grazia alla donna, sgozzata dopo essere sceso e ritornato da lei. In seguitò il ventiquattrenne si allontanò dal posto.[12] L'arma da taglio utilizzata per il delitto fu recuperata la mattina seguente dai militari, a poca distanza dal cadavere di Juana Cecilia.
Il reo confesso fu condotto in carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, dalla minorata difesa della vittima e dalla recidiva dello stalking.[13] Genco nel 2020 era stato denunciato anche da un'altra ex compagna moldava con cui viveva a Parma. In merito a quella vicenda non furono emesse misure cautelari, ma la donna fu allontanata da lui e collocata in una struttura protetta.[14]
Nell'interrogatorio di garanzia effettuato il 23 novembre 2021 il ventiquattrenne si avvalse della facoltà di non rispondere davanti al giudice per le indagini preliminari.[15][16] Per il giovane fu confermata la custodia cautelare in carcere ravvisando il rischio di reiterazione del reato. Oltre all'omicidio volontario aggravato, furono contestate anche la violenza sessuale (avrebbe costretto la vittima a subire un rapporto), la rapina (per aver rubato le chiavi di casa di lei), violazione di domicilio (per essersi introdotto nell'abitazione di lei a prelevare l'arma del delitto) e il porto abusivo d'armi.[17]
Nel marzo del 2022, in seguito alla chiusura delle indagini, fu disposto il giudizio immediato a carico di Genco.[18][19] La pubblica accusa chiese la pena dell'ergastolo con isolamento diurno. Il 3 marzo 2023 la Corte d'Assise di Reggio Emilia aveva condannato l'imputato a 29 anni di reclusione.[20][21] Furono riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti dei futili motivi, la recidiva dello stalking e la minorata difesa.
Determinanti per la concessione delle attenuanti furono la piena confessione del giovane e la sua collaborazione nel corso del processo. Inoltre Genco, pur ritenuto capace di intendere e di volere, soffriva di un lieve ritardo mentale e di un disturbo della personalità da poter essere classificato come "psicopatia", derivante da traumi infantili.[22]
Uno scorcio dall'alto di Reggio Emilia (di Paolo Picciati, licenza CC BY-SA 3.0)
Il 22 novembre 2023 la Corte d'Appello di Bologna aumentò la pena per l'imputato a 30 anni di reclusione.[23] I giudici accolsero alcune delle richieste della pubblica accusa, tra cui il riconoscimento del reato di rapina e l'assorbimento del reato di tentato omicidio in quello "consumato".[24] Inoltre, la pena relativa all'evasione continuata fu corretta in otto mesi
Le motivazioni della sentenza di secondo grado evidenziarono la condotta omicida di Genco che, prima tentò di strangolare la vittima, fratturandole l'osso ioide presente nel collo, poi "temendo che lei potesse sopravvivere, le sottraeva le chiavi di casa" e "si recava nell'appartamento per procurarsi uno strumento offensivo evidentemente molto più letale, con il quale terminava l'operazione, purtroppo con successo". Quella "terribile condotta si collocava al termine di un iter giudiziario nel quale all'imputato era stata data una possibilità di recupero che egli non aveva saputo cogliere, facendo l'uso peggiore della libertà riacquistata e dimostrandosi, oltre che crudele, inaffidabile".[25]
Con la rinuncia al ricorso in Cassazione da parte della difesa e della Procura generale, la sentenza di secondo grado divenne definitiva.[26]
La madre di Mirko Genco fu vittima di femminicidio. Si chiamava Alessia Della Pia e aveva 39 anni. Fu aggredita dall'ex convivente, Mohamed Jella, nel dicembre del 2015.[27] L'uomo, 30 anni, originario della Tunisia, l'aveva pestata di botte in casa a Parma fino a farle perdere la vita. Fu il presunto killer ad avvisare i soccorsi per poi fuggire nel paese d'origine. Venne arrestato un anno e mezzo dopo, nel 2017 in Tunisia, ma non fu estradato in Italia.[28][29]