Roma. Omicidio Martina Scialdone. Al via il processo a Bonaiuti. Tutto ruota intorno alla premeditazione.
Al via il processo per il femminicidio dell'avvocata Martina Scialdone, uccisa dall'ex compagno Costantino Bonaiuti, l'ingegnere di 61 anni che le sparò davanti a un ristorante in via Amelia al Tuscolano di Roma lo scorso 13 gennaio. Al processo si è costituita parte civile la famiglia rappresentata dall'avvocato Mario Scialla.
Il dibattimento verte sulla premeditazione dell'omicidio che, per la difesa di Bonaiuti, gli avvocati Massimo Lauro e Gabriele Vescio, non ci fu. Fin dal principio, infatti, gli avvocati che assistevano l'ingegnere avevano sostenuto che si trattava di un tentativo di suicidio. Bonaiuti avrebbe cercato di rivolgere contro di sé l'arma. I giudici del Riesame, all'epoca, non avevano creduto a questa versione. L'imputato ha scelto di non essere presente all'udienza.
Emiliano Pioppi, uno degli agenti intervenuti al momento dell'omicidio, ha raccontato quello che vide al momento: «Il fratello Lorenzo continuava a ripetere "vi prego salvatela, vi prego salvatela". Identificammo la giovane vittima attraverso le parole del fratello e di altri testimoni. Il gestore del ristorante spiegò i precedenti. Sentimmo il cuoco del locale e la cameriera».
Quanto a Massimiliano Bartolozzi, altro agente intervenuto al momento dell'omicidio, ha detto in aula: «Andammo verso l'abitazione di Bonaiuti e trovammo un comprensorio di palazzine. Era mezzanotte e venti. Trovammo la Mercedes che ci era stata segnalata. Il cofano era ancora caldo. Citofonammo e Bonaiuti scese assieme alla moglie. Lo arrestammo per omicidio perché nel frattempo Martina Scialdone era morta». (di Ilaria Sacchettoni – Corriere.it)