Cutro. Omicidio Vincenza Ribecco. Le motivazioni della condanna: "Uccisa per spirito punitivo".

Immagine della notizia (Immagine di L'osservatore su it.wikipedia.org — CC BY-SA 3.0)

Cutro. Omicidio Vincenza Ribecco. Le motivazioni della condanna: "Uccisa per spirito punitivo".

Il movente del femminicidio non sta nella gelosia, che era un «mero pretesto», ma nello «spirito punitivo» che animava Alfonso Diletto nei confronti dell'ex moglie Vincenza Ribecco, e che «da ultimo si traduceva nel proposito fermo e duraturo di sanzionarne l'insubordinazione con l'estremo castigo».

Lo scrive la Corte d'Assise di Catanzaro, presieduta da Massimo Forciniti, nelle motivazioni della sentenza con cui, nel novembre scorso, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore di Crotone Pasquale Festa, ha condannato all'ergastolo Diletto per il delitto compiuto l'8 marzo 2022 nella frazione San Leonardo di Cutro.

La Corte spiega perché le risultanze istruttorie smentiscono la versione di Diletto. Questi, al termine del dibattimento, ha reso dichiarazioni spontanee sostenendo che pensava che in casa ci fosse un'altra persona e che il colpo era partito accidentalmente.

I giudici valorizzano, invece, altri elementi, a partire dalla testimonianza della dottoressa Giovanna Vitaliano, medico curante della donna, che riferiva dei «trascorsi tumultuosi tra la vittima e il marito». Descrivendo un «contesto di sopraffazione» che constatò uno «stato d'ansia e di crescente turbamento emotivo» nella vittima. Elementi che hanno trovato conferma nelle dichiarazioni dei nipoti e dei figli, dalle quali emerge un quadro di «vessazioni non solo psicologiche».

Dalle testimonianze è emerso che Diletto vietava alla donna perfino di accavallare le gambe in pubblico. La accusava di stendere i panni per farsi notare dagli uomini che frequentavano un bar nelle vicinanze. La accusava di essere andata a lavorare in un villaggio turistico per poter avere relazioni.

L'imputato, secondo la ricostruzione accusatoria che ha retto in aula, il pomeriggio dell'8 marzo si presentò a casa dell'ex moglie con in tasca una pistola illegalmente detenuta. Sparò appena fuori dalla porta-finestra un colpo che trapassò il vetro raggiungendo al cuore la vittima. Durante l'interrogatorio condotto dai Carabinieri crollò, dopo aver prima negato di sapere che l'ex compagna fosse morta. Ammise di essersi armato perché temeva di trovare a casa il presunto – più che mai presunto – amante di lei.

Soltanto la parte della versione dei fatti in cui Diletto ammette di avere sparato viene ritenuta "genuina" dai giudici. In quanto la sua ricostruzione "alternativa" non è suffragata nemmeno dagli accertamenti balistici. (di Antonio Anastasi – Il Quotidiano del Sud)

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