Voce su Vincenza Ribecco
Vincenza Ribecco, 60 anni, fu trovata morta nella serata dell'8 marzo 2022 all'interno dell'abitazione dove risiedeva a San Leonardo, frazione del comune di Cutro in provincia di Crotone.[1][2]
![La Chiesa parrocchiale di San Leonardo a Cutro in provincia di Crotone](https://femminicidioitalia.info/image/chiesa-san-leonardo-cutro-crotone.jpg)
La Chiesa parrocchiale di San Leonardo a Cutro (di L'osservatore, licenza CC BY-SA 3.0)
La donna era madre di due figli, non conviventi, e lavorava d'estate come inserviente in un villaggio turistico della zona. A scoprire il corpo esanime della vittima, riverso sul pavimento della casa, era stato uno dei figli, un giovane di 26 anni, che in seguito aveva allertato i soccorsi. I sanitari giunti sul posto non poterono fare altro che constatare il decesso. Il medico legale accertò la presenza di una lesione d'arma da fuoco: la sessantenne fu raggiunta da un proiettile al petto.
Nelle ore successive i Carabinieri avevano rintracciato e interrogato l'ex marito della donna, Alfonso Diletto, 69 anni. Nelle prime ore del mattino del seguente 9 marzo, la Procura di Crotone dispose il fermo di indiziato di delitto a carico dell'uomo con le accuse di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, e porto d'arma abusivo.[3][4]
Secondo le ricostruzioni investigative operate dai militari, il sessantanovenne si era recato dall'ex compagna nel tardo pomeriggio di martedì 8 marzo per discutere di alcune questioni relative alla loro separazione, avvenuta circa un anno prima, dopo un lungo periodo di convivenza. La signora "Cecè", così veniva chiamata da amici e conoscenti, abitava nella frazione di San Leonardo mentre l'uomo era risedente in un'altra località di Cutro.[5]
Diletto nel corso dell'interrogatorio aveva ammesso di essersi recato a casa dell'ex moglie con una pistola, non regolarmente detenuta. Sul posto avrebbe avuto un duro scontro verbale con la donna che lo aveva invitato ad allontanarsi. Mentre lui tentava di entrare nell'abitazione, sarebbe partito in modo accidentale un colpo di proiettile che, attraversando la porta-finestra, aveva raggiunto la malcapitata. Per l'uomo, dunque, il drammatico accaduto sarebbe stato l'esito di un fatale incidente.[6][7]
Per gli inquirenti tuttavia la ricostruzione fornita dal sessantanovenne non era convincente, tanto da contestare l'aggravante della premeditazione. Gli investigatori avevano ascoltato anche il medico che assisteva la signora Ribecco. La dottoressa riferì che la donna manifestava un'estrema paura, collegata a un'importante stato d'ansia e malessere dovuto al fatto che l'ex marito continuava a perseguitarla, rendendole impossibile la vita sociale, allo scopo di farle rivalutare la loro situazione e prendere in considerazione la possibilità di tornare di nuovo insieme.[8]
L'uomo era convinto di una nuova presunta relazione intrattenuta dall'ex compagna.[9] La sessantenne aveva assicurato alla dottoressa di essersi recata dai Carabinieri per denunciarlo. Tuttavia i militari appurarono che non erano state presentate querele per lesioni, maltrattamenti in famiglia o atti persecutori a carico dell'ex marito.[10]
Diletto si avvalse della facoltà di non rispondere nell'interrogatorio di garanzia. Il giudice per le indagini preliminari non ritenne sussistente il pericolo di fuga, ma dispose comunque la custodia cautelare in carcere per il pericolo di reiterazione del reato.[9][8] Al termine delle indagini, l'uomo fu rinviato a giudizio e, nel successivo mese di novembre, iniziò il processo alla Corte d'Assise di Catanzaro. Da parte della Procura di Crotone furono confermate le contestazioni di omicidio volontario premeditato e atti persecutori,[11] oltre alle accuse di detenzione illegale di arma da fuoco e di ricettazione.
Un anno dopo, il 7 novembre 2023, la Corte d'Assise di Catanzaro aveva condannato Alfonso Diletto all'ergastolo con due mesi di isolamento diurno.[12][13] Le motivazioni della sentenza evidenziarono che l'imputato fu mosso da uno "spirito punitivo" nei confronti dell'ex moglie, che "da ultimo si traduceva nel proposito fermo e duraturo di sanzionarne l'insubordinazione con l'estremo castigo".[14]