Samarate. Le motivazioni dell'ergastolo a Maja: "Non ha agito d'impeto, ha atteso il sonno dei familiari".

Immagine della notizia (Immagine di Ale5875 su Wikimedia Commons — CC BY-SA 3.0)

Samarate. Le motivazioni dell'ergastolo a Maja: "Non ha agito d'impeto, ha atteso il sonno dei familiari".

Alessandro Maja, finora, "ha taciuto sulle cause dei delitti, ancora adesso del tutto incognite, soprattutto con riguardo alla violenza a danno della prole, e in particolare della figlia Giulia".

Lo ha messo nero su bianco la Corte d'Assise d'Appello di Milano (presidente Ivana Caputo e relatrice Franca Anelli) nelle motivazioni della sentenza, depositate lo scorso 26 febbraio, con cui è stato confermato l'ergastolo per Alessandro Maja, l'interior designer che nel maggio del 2022 ha massacrato la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia nella villetta di famiglia a Samarate, nel Varesotto, riducendo in fin di vita il primogenito Nicolò, unico sopravvissuto.

Negli stralci del dispositivo, riportati da Il Giorno, si legge che l'uomo ha sterminato la sua famiglia per motivi "sfuggenti", e anche i contrasti e il rapporto "logoro" con la moglie possono "giustificare una separazione consensuale", ma non certo una "spinta omicidiaria".

Di fronte a "un orrendo delitto" senza una motivazione "causalmente forte" come questo, però, non è "nella psiche malata che va cercato ciò che sfugge all'universo logico del comune sentire", anche perché "il processo prova con la sua quotidiana realtà che non è così", ha precisato la Corte.

Sulla base delle "conclusioni coerenti" della perizia, l'uomo quella notte era "pienamente capace di comprendere il disvalore di ciò che si accingeva a compiere" e avrebbe potuto "desistervi come ha saputo fare a favore di sé medesimo", quando ha attuato un maldestro tentativo di suicidio dopo la strage.

Un disturbo psichico, per incidere sull'imputabilità, deve essere "tale da rendere l'agente incapace di esercitare il dovuto controllo dei propri atti", ma così non è stato. Per questo Maja "deve rispondere dei reati commessi". Non ha agito "in un impeto" ma ha atteso il "sonno" della moglie e dei figli per colpire, e "la sopravvivenza di Nicolò è stata soltanto una fortunata coincidenza". (di Andrea Gianni – Il Giorno)

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