Bologna. L'omicidio di Alessandra Matteuzzi fu motivato da un "irresistibile desiderio di vendetta".
"È improprio attribuire l'omicidio" di Alessandra Matteuzzi "ad una insana gelosia dell'imputato, la quale, semmai, costituì il movente del delitto di atti persecutori, mentre l'omicidio fu motivato da un irresistibile desiderio di vendetta".
Così la Corte d'Assise di Bologna nel motivare la condanna all'ergastolo per l'ex calciatore Giovanni Padovani, responsabile dell'omicidio aggravato dell'ex compagna. Per i giudici si tratta non tanto di un "omicidio d'amore, quanto piuttosto di un omicidio d'onore, sia pure in una malintesa accezione di quest'ultimo".
Dalle testimonianze raccolte "emerge la prova dell'ideazione da parte dell'imputato di un proposito vendicativo" nei confronti dell'ex compagna, "manifestato fin da giugno e nel luglio 2022 con estrema lucidità, come si può cogliere dal richiamo consapevole alle conseguenze di tale gesto ovvero alla possibilità di andare in carcere".
"Deve ritenersi acquisita la prova che la condotta omicidiaria non sia stata determinata da un mero moto d'impeto - aggiunge quindi la Corte - ma sia maturata e si sia progressivamente radicata negli intenti dell'omicida, persino preannunciata nelle confidenze fatte a terzi e alla madre nelle annotazioni sul cellulare, e poi attuata secondo un piano predeterminato, comprensivo della scelta dell'arma da usare e del luogo in cui colpire". (la Repubblica)