Voce su Cinzia Pinna
Uno scorcio panoramico di Castelsardo, paese d'origine di Cinzia Pinna
Il corpo senza vita di Cinzia Pinna, 33 anni, è stato trovato nel corso del pomeriggio del 24 settembre 2025 nelle campagne tra Arzachena e Palau, nella provincia della Gallura Nord-Est Sardegna. La vittima, originaria di Castelsardo e impiegata come cameriera in un locale di Palau, era scomparsa del precedente 11 settembre.[1]
Il cadavere, scoperto dai Carabinieri, era stato occultato nella tenuta dell'azienda vitivinicola "ConcaEntosa", di proprietà di Emanuele Ragnedda, un imprenditore di 41 anni.[2] In seguito alla scomparsa della vittima, denunciata dai parenti il 12 settembre 2025, la Procura di Tempio Pausania ha avviato le indagini sul caso. Ragnedda è stato iscritto nel registro degli indagati con l'ipotesi di reato di omicidio volontario. Il successivo 24 settembre, l'indiziato è stato sottoposto a fermo. Il provvedimento sarebbe stato emesso perché l'uomo avrebbe organizzato un tentativo di fuga su un'imbarcazione.
Nel corso dell'interrogatorio dinanzi agli inquirenti, il quarantunenne è crollato e ha confessato l'omicidio di Cinzia Pinna.[2] L'imprenditore avrebbe parlato di una violenta lite fra lui e la donna, al culmine della quale lei avrebbe afferrato un oggetto per colpirlo e lui, per difendersi, aveva premuto il grilletto della pistola, uccidendola. Poche ore dopo, su indicazione dello stesso reo confesso, gli investigatori hanno trovato il cadavere della vittima nella tenuta in cui l'uomo produce il vino per la propria azienda.[1][3]
Nell'inchiesta, oltre all'uomo, è stato indagato anche un giovane di 26 anni, originario del Milanese, con l'ipotesi di reato di occultamento di cadavere. Quest'ultimo sarebbe stato coinvolto in un primo momento dallo stesso Ragnedda, ma successivamente è risultato estraneo alle fasi di occultamento del corpo senza vita. Il quarantunenne invece è stato condotto in carcere con le accuse di omicidio volontario, aggravato dall'uso d'arma da sparo, e occultamento di cadavere.[4]
Secondo le ricostruzioni, le famiglie Ragnedda e Pinna si conoscevano da tempo ed Emanuele e Claudia si frequentavano di tanto in tanto. I due avevano trascorso insieme la notte tra l'11 e il 12 settembre 2025, quando è stato compiuto il delitto. Nel momento in cui è stato scoperto il corpo senza vita della donna, questo era nudo dalla cintola in giù. Si è ipotizzato pertanto che possa esserci stato un tentativo di approccio sessuale, respinto dalla vittima. I primi riscontri dell'autopsia, tuttavia, hanno escluso lo stupro.[5]
Il 26 settembre 2025, Ragnedda ha risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari di Tempio Pausania, ribadendo la versione precedentemente rilasciata agli inquirenti dopo il fermo e scusandosi per il gesto commesso: "Quella sera lei mi ha infilato un coltello in bocca e ha cercato di tagliarmi la lingua.[6] È una scelta che non avrei mai voluto fare, ma è la scelta peggiore che ho fatto. Mi dispiace per lei, mi dispiace per i familiari e mi dispiace per i miei familiari, per la delusione". Il gip ha convalidato il fermo richiesto dalla Procura e confermato la custodia cautelare in carcere per il reo confesso.[7][8]
Secondo i risultati dell'esame autoptico, la trentatreenne è stata raggiunta da tre colpi d'arma da fuoco, sparati mediante una Glock regolarmente detenuta dall'imprenditore per uso sportivo.[6] Uno dei proiettili, rivelatosi fatale, le ha trafitto lo zigomo.[9] Ulteriori accertamenti hanno fatto emergere che, la sera dell'11 settembre Cinzia Pinna si trovava in uno stato di fragilità, fisica e psicologica poiché era rimasta senza lavoro e senza casa. In quei frangenti fu richiesto l'intervento dei Carabinieri e dell'ambulanza del 118, ma lei si rifiutò di salire sul mezzo di soccorso. Poco dopo, Ragnedda avrebbe approfittato della sua fragilità e, invece di aiutarla, la accompagno a ConcaEntosa, dove è stato accertato che erano state consumate quattro bottiglie di vino e alcune dosi di cocaina.[10]
In seguito alla convalida del fermo del reo confesso, il giovane ventiseienne – inizialmente accusato di occultamento di cadavere – è stato iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento insieme ad un'amica di Ragnedda, impiegata come ristoratrice a San Pantaleo (Olbia). Entrambi sono stati accusati di aver aiutato l'imprenditore nell'ambito della sparizione di alcuni effetti personali della vittima e alle operazioni di pulizia della casa in cui si è consumato l'omicidio.[11]
I due, però si sono difesi e hanno respinto gli addebiti. La donna ha riferito di essere stata a ConcaEntosa la mattina seguente all'omicidio, ma non aveva notato alcuna traccia che potesse far pensare a un delitto. Inoltre Ragnedda le avrebbe detto che era entrato un cane in casa e lui gli aveva sparato.[12] Il ventiseienne, allo stesso modo, si è detto estraneo ai fatti contestati e ha raccontato essere stato a ConcaEntosa, su invito di Ragnedda, la sera del 13 settembre, mentre nel corso della notte tra l'11 e il 12 settembre il giovane non si trovava a Palau.[13]