Voce su Nadia Meneghini
Nadia Meneghini, 20 anni, fu trovata morta nell'abitazione dove risiedeva a Torino la mattina del 31 agosto 2002.[1]

Uno scorcio panoramico dall'alto di Torino (di Fulvio Spada, licenza CC BY-SA 2.0)
Pochi giorni dopo venne fermato il suo compagno e collega di lavoro, Antonio Rizzo, detto Toni, 28 anni. Il giovane inizialmente si rese estraneo alla vicenda, dicendosi addolorato. Poi, in un successivo interrogatorio di fronte agli inquirenti, crollò e confessò il delitto. Uccise la vittima perché aveva compreso che lei lo voleva lasciare.[2][3]
A incastrarlo fu una telefonata effettuata dal cellulare della compagna, nel quale lui aveva inserito la propria scheda SIM. Così gli investigatori risalirono a lui, ritenendolo il principale sospettato dell'omicidio. La relazione tra Nadia e Toni si era ormai logorata da tempo. Frequenti i litigi tra loro, come notato da alcune colleghe della ragazza che avevano assistito, il giorno prima del delitto, a un violento alterco tra i due sul posto di lavoro.
Secondo l'autopsia, la vittima fu soffocata la sera precedente al ritrovamento del cadavere. Rizzo avrebbe prima tentato di strozzarla con una corda, poi le aveva compresso un cuscino sul volto, togliendole per sempre il respiro. Dopo averla uccisa, mise a soqquadro l'appartamento tentando di inscenare una rapina finita male.
Il ventottenne sostenne di aver agito d'impeto, ma la Procura contestò la premeditazione del delitto.[4] Rinviato a giudizio in rito abbreviato, l'imputato fu condannato in primo grado a 17 anni di reclusione per omicidio volontario. La sentenza, confermata in Corte d'Appello, riconobbe l'aggravante dalla premeditazione.[5][6]