Voce su Giusy Potenza

Uno scorcio panoramico sul golfo di Manfredonia in provincia di Foggia (di Steff60, licenza CC BY-SA 3.0)
Giuseppina Potenza, detta Giusy, 15 anni, fu trovata morta il 13 novembre 2004 vicino a una scogliera nei pressi dello stabilimento ex Enichem di Manfredonia, la città dove viveva in provincia di Foggia. Il cadavere aveva il volto sfigurato.[1]
Il mese successivo, grazie alla prova del DNA, gli investigatori riuscirono a risalire al cugino del padre della vittima, Giovanni Potenza, pescatore di 27 anni. Costui, dopo il fermo, aveva confessato il delitto. Secondo quanto da lui dichiarato, il giovane portava avanti una relazione segreta con la quindicenne.[2] Il 12 novembre Giovanni e la cugina di secondo grado si erano incontrati per l'ennesima volta e avrebbero consumato un rapporto sessuale. Dopodiché il ventisettenne le avrebbe proposto di chiudere la relazione perché quella situazione lo metteva in difficoltà, essendo lui sposato e padre di due figli.
La ragazza però non avrebbe voluto e sarebbe andata in escandescenze, fuggendo via da lui e minacciandolo di rivelare tutto alla moglie. Così Giusy Potenza, durante l'allontanamento, sarebbe inciampata e caduta nei pressi della scogliera. Lì il giovane prima avrebbe provato a soccorrerla, poi, ripensando alle minacce, l'avrebbe assalita fino a ucciderla. Giovanni afferrò un grossa pietra per colpirla ripetutamente alla testa, mettendo fine una volta per tutte alla vita di lei ed a quella relazione che avrebbe gravemente compromesso il suo matrimonio.
La famiglia della vittima, tuttavia, non crebbe mai alla versione raccontata dal reo confesso, sostenendo invece che la ragazza non avesse realmente avuto una relazione con il cugino. Piuttosto il ventisettenne avrebbe coperto altre persone, complici nell'esecuzione del delitto. La mamma della vittima, Grazia Rignanese, avvilita dal dolore della perdita della figlia, si suicidò il 24 ottobre 2005, impiccandosi mentre era incinta di un altro figlio.[3]
Nel caso furono coinvolte anche due amiche della vittima, accusate di aver indotto la quindicenne alla prostituzione.[4] Le due furono condannate in primo grado e assolte in Appello. Giovanni Potenza invece fu condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione per omicidio volontario.[5][6]