Voce su Stefania Formicola
Uno scorcio sulla Chiesa di Sant'Antimo Prete e Martire in Piazza della Repubblica a Sant'Antimo in provincia di Napoli (di Sedicinoni, licenza CC BY-SA 3.0)
Stefania Formicola, 28 anni, madre di due bambini, fu uccisa dal marito Carmine D'Aponte, 33 anni, il 19 ottobre 2016. La coppia risiedeva a San Marcellino, nel Casertano, ma l'omicidio si consumò a Sant'Antimo in provincia di Napoli.[1]
I due negli ultimi anni vivevano un rapporto tormentato e caratterizzato da continui litigi. Per questo la donna aveva deciso di abbandonare il tetto coniugale e stabilirsi a casa dei genitori. L'uomo però le chiese un ultimo appuntamento per chiarire la loro situazione una volta per tutte. Lei accettò e lui si si presentò sotto casa dei suoceri a San Marcellino, armato di pistola. Dopodiché in auto si recarono insieme a Sant'Antimo.
Purtroppo l'incontro degenerò in una furiosa lite. Al culmine di una violenta discussione, D'Aponte estrasse l'arma e fece fuoco, mirando allo stomaco della vittima. Il colpo risultò fatale e la ventottenne perse la vita. L'uomo fu arrestato poche ore dopo.
Gli investigatori trovarono tra i documenti di Stefania, un diario,[2][3] nel quale la donna raccontava delle violenze che era costretta a subire da parte del marito e, in un passaggio, si appellava ai suoi genitori implorandoli di prendersi cura dei suoi figli nel caso le fosse accaduto qualcosa: "Alla mia morte, qualunque ne sia la causa, mio figlio deve essere affidato a mia madre e mio padre e, in caso di loro morte, a mia sorella Fabiana".[4]
Un presagio che fu ricordato anche durante l'omelia del rito funebre, celebrato nella chiesa di Santa Maria della Provvidenza, nel rione don Guanella a Miano, quartiere di Napoli dove era nata e cresciuta fino al matrimonio.
La figlia, la madre, che era stata Stefania, non potrà più essere restituita a nessuno, ma il suo assassino ebbe la giusta punizione essendo stato condannato alla pena dell'ergastolo e alla privazione della patria potestà. I figli vennero affidati ai nonni materni. D'Aponte alla lettura della sentenza rimase impassibile. I legali dell'uomo sostennero in aula che l'imputato andava in giro armato perché aveva paura del suocero che più volte l'aveva minacciato.
In primo grado dunque, nel febbraio del 2018, l'imputato fu condannato all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Napoli.[5] Il 18 febbraio del 2020 ci fu l'atto finale in Cassazione. Il Procuratore Generale si oppose al ricorso, chiedendone l'inammissibilità. L'istanza fu accolta dai giudici della Suprema Corte che confermarono in via definitiva il massimo della pena, nonostante il procedimento fosse stato celebrato in rito abbreviato.[6][7]
E non fu tutto. All'uomo fu revocata la patria potestà e, nel gennaio del 2021, fu riconosciuto ai due figli della coppia di portare il cognome della mamma, "Formicola". La Prefettura di Caserta accolse la richiesta presentata dal legale della famiglia sul cambio del cognome.
Il nonno Luigi Formicola spiegò in un post su Facebook le motivazioni di tale scelta: "Ora i bimbi diventati Formicola, possono dire 'è finita', e non sentire più quel cognome che gli arrecava solo danni e brutti ricordi".[8]