Voce su Ghizlan El Hadraoui

Foto panoramica di Modena.
Ghizlan El Hadraoui, 37 anni, era stata ritrovata morta carbonizzata all'interno della sua auto la mattina del 6 febbraio 2019 nei pressi del termovalorizzatore di Modena. Un Carabiniere di passaggio, accortosi del veicolo in fiamme, aveva allertato i soccorsi e successivamente si scoprì l'identità della donna di origini marocchine.[1]
Il giorno seguente venne fermato il marito Khalil Laamane, connazionale di 49 anni, con le accuse di omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere. Secondo gli inquirenti, avrebbe ucciso la moglie con almeno quattro coltellate alla schiena. Poi per sbarazzarsi del cadavere, l'uomo avrebbe caricato il corpo della trentasettenne nell'auto, guidato fino alla zona del termovalorizzatore e appiccato l'incendio nel tentativo di inscenare un suicidio. Il movente sarebbe la non accettazione della separazione decisa dalla donna circa otto mesi prima.[1][2] I due non vivevano più nello stesso appartamento e i figli, un ragazzino di 11 anni e una studentessa di 14, erano andati ad abitare con la madre.[3]
Laamane non aveva compiuto alcuna ammissione durante gli interrogatori, tuttavia emersero diversi elementi a supporto delle ipotesi della Procura, tra cui le immagini delle telecamere di sorveglianza che avevano filmato l'uomo nella zona dove era stata rinvenuta l'auto abbandonata alle fiamme.[4] Il legale della vittima, che stava seguendo le pratiche di separazione, rese noto che il precedente 21 gennaio fu presentata in Procura una denuncia da parte di Ghizlan perché il marito l'aveva minacciata di morte.[5]
Alcune settimane dopo l'esecuzione del provvedimento di fermo, il quarantanovenne detenuto nel carcere di Sant'Anna di Modena aveva tentato di suicidarsi, provando a impiccarsi con una corda, ma fu salvato dagli agenti della Polizia penitenziaria.[6] In seguito a tale episodio l'uomo venne trasferito nel reparto di osservazione psichiatrica della casa circondariale Le Novate di Piacenza. Nel mese di maggio fu disposta una perizia psichiatrica sull'indiziato per rilevare la presenza di disturbi mentali e accertare se, il giorno del decesso della moglie, era in grado di intendere e di volere.[7] Il 13 settembre fu reso noto l'esito dell'esame che stabilì la capacità di intendere e di volere del quarantanovenne.[8]
Nel gennaio del 2020 fu richiesto il rinvio a giudizio nei suoi confronti.[9] Il successivo 30 gennaio venne riconosciuto responsabile dell'omicidio e condannato in rito abbreviato a 22 anni.[10] In seguito però la Cassazione, su ricorso promosso dal pubblico ministero che aveva richiesto l'ergastolo, aveva annullato tale sentenza e disposto un nuovo processo, al termine del quale il 20 settembre 2021 l'imputato venne condannato a 30 anni di reclusione.[11][12]