Voce su Carmen Vernica

Uno scorcio panoramico del borgo di Cave (di RGiannotti1, licenza CC BY-SA 3.0)
Carmen Vernica, 45 anni, era stata uccisa dal marito Antonio Brigida, 59 anni, la mattina del 7 maggio 2019 a Cave, comune in provincia di Roma.
Il delitto si consumò nella casa della coppia dove l'uomo aveva sparato alla moglie utilizzando la propria pistola, regolarmente detenuta. Furono i vicini ad allertare i Carabinieri e i soccorsi medici. Per la quarantacinquenne di origini romene non si poté fare altro che constatare il decesso.
I militari giunti sul posto rinvennero l'omicida in casa con la pistola ancora tra le mani. Brigida si consegnò spontaneamente ai militari senza opporre resistenza. Nei confronti dell'uomo, impiegato come barelliere del 118, fu formulata l'accusa di omicidio volontario.[1][2]
Secondo le ricostruzioni, la coppia viveva da separati in casa. La donna, madre di una figlia di 30 anni, aveva ormai preso la decisione di lasciare l'abitazione ed era in procinto di preparare le valigie per andare via.[3] L'uomo esplose contro di lei circa sette proiettili. Il cinquantanovenne avrebbe infierito sulla vittima sparando alcuni colpi quando lei era già senza vita.
Brigida fu rinviato a giudizio. A suo carico furono contestate le aggravanti della premeditazione e della crudeltà. Nel febbraio del 2022 la Corte d'Assise di Roma lo aveva condannato all'ergastolo. Il verdetto escluse l'aggravante della crudeltà.[4][5]
Le motivazioni della sentenza evidenziarono il movente del omicidio dettato soltanto dalla deliberata volontà di punire la vittima per non lasciarle autonomia, libertà e dignità. L'uomo si assunse il diritto di porre fine alla vita della sua compagna nel momento in cui lei aveva deciso di lasciarlo definitivamente. Furono sei i proiettili sparati in sequenza all'indirizzo della donna. Il primo quando lei era in piedi e fronteggiava l'imputato, poi gli altri quando la quarantacinquenne era già caduta a terra.[6]