Voce su Francesca Galatro
Uno scorcio di Vallo Della Lucania in provincia di Salerno (di Ziegler175, licenza CC BY-SA 3.0)
Francesca Galatro, 66 anni, fu trovata morta la mattina del 17 agosto 2020 all'interno del centro di accoglienza per persone senza fissa dimora di Vallo della Lucania, comune in provincia di Salerno.[1]
A far scattare l'allarme fu un assistente sociale del centro che, entrando nella camera dove risiedeva la donna, scoprì il corpo senza vita della vittima riversa sul letto con un coltello conficcato nel petto.
La sessantaseienne era una transgender che diversi anni prima aveva cambiato il proprio nome all'anagrafe. Originaria di Buonabitacolo (Salerno), si era laureata in ingegneria e per un certo periodo aveva anche insegnato. Stabilitasi a Vallo della Lucania, negli ultimi tempi aveva avuto problemi con l'alcol ed era caduta in depressione. Era stata seguita dai sanitari del Sert fino alla permanenza nel centro di accoglienza. Il Tribunale di Vallo le aveva nominato un amministratore di sostegno.
I rilievi della scientifica sulla scena del crimine esclusero l'ipotesi del suicidio. Nelle ore successive all'accaduto, le indagini dei Carabinieri portarono al provvedimento di fermo nei confronti di un uomo, considerato il compagno della vittima.[2][3] Si trattava di Giuseppe Verdoliva, 63 anni, originario di Rutino, comune del Cilento in provincia di Salerno. Aveva precedenti penali a proprio carico ed era ospite dello stesso centro in cui risiedeva la sessantaseienne.
Interrogato dai militari, avrebbe fornito delle parziali ammissioni di responsabilità. Nello specifico, l'uomo avrebbe riferito di aver colpito la signora Francesca con un coltello, ma senza farle particolarmente del male. Quando lui l'aveva lasciata da sola in camera, lei era ancora in vita. Il sospettato aveva presupposto che fosse stato qualcun altro ad affondare la lama nel petto della vittima, causandone la morte.
Una versione che tuttavia lasciò perplessi gli inquirenti, che ordinarono per il sessantatreenne il trasferimento in carcere dopo aver formalizzato l'accusa di omicidio. Secondo le ricostruzioni della Procura di Vallo, il cilentano sarebbe stato l'unico responsabile del delitto, che avrebbe compiuto per motivi di gelosia. I due avrebbero avuto una relazione da diverso tempo, programmando anche di sposarsi in futuro.
Il 19 agosto, nell'interrogatorio di garanzia di fronte al giudice per le indagini preliminari, l'uomo respinse ogni addebito. Nei suoi confronti fu convalidato il fermo. In seguito per accertare le condizioni di salute dell'indiziato, il legale difensore aveva richiesto l'esecuzione di una perizia psichiatrica. L'istanza però non fu accolta dagli inquirenti.[4][5]
Sull'arma del delitto, un coltello da cucina, non furono trovate le impronte digitali del presunto omicida. L'esame autoptico inoltre non avrebbe del tutto escluso la possibilità che la vittima si fosse tolta la vita da sola. Tuttavia nel 2021 la Procura chiuse le indagini e richiese per il sessantatreenne il giudizio immediato.[6][7]
Verdoliva venne ammesso a processo e nel corso del dibattimento la Corte d'Assise di Salerno aveva disposto una perizia psichiatrica per valutare lo stato di salute dell'imputato. L'esito dell'esame stabilì l'incapacità di intendere e di volere dell'uomo. Il procedimento fu dunque sospeso e Verdoliva venne scarcerato per essere trasferito in una struttura adibita alla propria cura.[8][9]