Voce su Aycha El Abioui

Uno scorcio di Cadoneghe con la Chiesa di Sant'Andrea Apostolo sullo sfondo (di Threecharlie, licenza CC BY-SA 4.0)
Aycha El Abioui, 30anni, originaria del Marocco, è stata uccisa nella notte tra il 24 e il 25 novembre 2020 dal marito Jannati Abdelfattah, connazionale di 39 anni, in località Mejaniga a Cadoneghe, comune in provincia di Padova.[1]
Ad allertare i soccorsi era stato lo stesso uomo che, in una telefonata ai Carabinieri, aveva confessato l'omicidio della moglie. La vittima, madre di tre bambini, fino a un mese prima era incinta del quarto figlio, poi aveva abortito. Secondo le ricostruzioni, la trentenne fu raggiunta da diverse coltellate al petto che non le lasciarono scampo.
I militari, giunti nell'appartamento, avevano rinvenuto il corpo esanime della donna riverso sul materasso della camera da letto. Il marocchino fu arrestato e condotto in carcere con l'accusa di omicidio volontario. La coppia, da diversi anni in Italia, si era trasferita da Caltanissetta a Cadoneghe due anni prima.
La vittima in passato aveva segnalato i maltrattamenti del marito e si era rivolta a un centro antiviolenza. In particolare, l'uomo le avrebbe rivelato l'intenzione di accoltellarla. Propositi omicidi che sarebbero scaturiti dall'ossessione che la coniuge lo tradisse. Alcune denunce tuttavia furono in seguito ritirate, probabilmente sotto minaccia del trentanovenne, verso il quale non era stata emanata alcuna misura restrittiva.[2][3]
Abdelfattah si avvalse della facoltà di non rispondere nell'interrogatorio di garanzia. Il giudice per le indagini preliminari convalidò l'arresto e dispose la custodia cautelare in carcere.[4] Durante le indagini era emerso che l'uomo, nei giorni precedenti al delitto, aveva effettuato alcune ricerche in rete. Tra queste, come prenotare un traghetto per quattro possibili destinazioni e dove poter comprare del veleno a base di arsenico.
Il trentanovenne si stava anche informando su una "chiave di lettura" per interpretare alcuni sogni in cui la moglie si allontanava e lui restava solo. Elementi che, secondo gli investigatori, non solo confermerebbero le ossessioni del marocchino, ma evidenzierebbero anche la premeditazione dell'omicidio.[5] I legali della difesa intanto avevano prodotto una perizia psichiatrica per dimostrare che l'indiziato soffrirebbe di una forma di depressione tale da renderlo incapace di intendere e di volere.[6]