Voce su Sara Ruschi e Brunetta Ridolfi
Brunetta Ridolfi, 76 anni, e la figlia Sara Ruschi, 35 anni, furono uccise nel corso della notte tra il 12 e il 13 aprile 2023 ad Arezzo.[1]
Uno scorcio di Piazza Grande ad Arezzo (su concessione di Depositphotos)
Il duplice omicidio fu compiuto del marito della trentacinquenne, Jawad Hicham, 38 anni, di origini magrebine ma da tempo residente in Italia. Il tutto avvenne all'interno dell'abitazione coniugale dove erano presenti anche la suocera e i due figli della coppia: un ragazzo di 16 anni e una piccola bambina di 2 anni.
Hicham, chiamato Jaguar dai conoscenti, aggredì a coltellate l'anziana settantaseienne e la moglie Sara. Il figlio sedicenne avrebbe assistito alla violenza. Dopo essere stato avvertito dalla nonna agonizzante, il giovane prese in braccio la sorellina e la portò fuori dall'abitazione, mettendola in sicurezza, poi allertò i soccorsi e le forze dell'ordine.[2]
La signora Brunetta perse subito la vita. La madre Sara, invece, respirava ancora quando i sanitari giunsero sul posto. Fu trasportata in ospedale, ma non riuscì a sopravvivere.[3][4] Nel frattempo Hicham era fuggito: si allontanò da casa e vagò per le strade limitrofe. Non passò però molto tempo prima che la Polizia lo bloccasse.[5] Il gesto dell'uomo sarebbe scaturito al culmine di tensione familiare che negli ultimi tempi caratterizzava la vita della coppia.
Il trentottenne e la compagna lavoravano come cuochi nel settore della ristorazione e degli alberghi. Secondo le ricostruzioni, il loro rapporto era ormai al capolinea. La donna si era confidata con un amico in chat, rivelandogli l'intenzione di allontanarsi dal marito. Jawad aveva scoperto quella conversazione e avrebbe minacciato ripercussioni. La madre di Sara, consapevole della situazione, negli ultimi tempi aveva trascorso la notte nell'abitazione della figlia per proteggerla dal marito.[1][6]
La vittima avrebbe anche provato a ottenere un provvedimento giudiziario per mandare via di casa il trentottenne. Sara si era recata dai Carabinieri, ma non aveva sporto una formale denuncia. Aveva riferito ai militari della situazione di tensione con il marito e un suo conoscente carabiniere le aveva promesso di fare una visita nell'abitazione al fine di incontrare l'uomo e "lasciargli una dichiarazione per fargli paura". La donna, in chat con l'amico confidente, aveva ammesso con rammarico che "senza un referto è difficile ottenere una misura di allontanamento".[2]
Nei giorni seguenti Hicham, interrogato dal giudice per le indagini preliminari, si avvalse della facoltà di non rispondere.[2] Nei suoi confronti fu confermata la custodia cautelare in carcere. Secondo l'esame autoptico, la trentacinquenne fu raggiunta da circa 15 coltellate. La vittima aveva provato a difendersi, ma non riuscì a sottrarsi da quella fatale aggressione messa in atto dal marito. La madre Brunetta invece subì circa quattro fendenti, probabilmente dopo aver tentato di aiutare la figlia.[7]
Nei mesi successivi, Hicham fu rinviato a giudizio. Il processo a suo carico iniziò nell'ottobre dello stesso anno alla Corte d'Assise di Arezzo.[8] La richiesta della difesa di effettuare una perizia psichiatrica sull'imputato fu respinta.[9] Il 2 dicembre 2023 l'uomo fu condannato all'ergastolo.[10]
Secondo le motivazioni della sentenza di primo grado, Hicham perse il controllo dei propri freni inibitori dopo aver avuto la conferma della fine della relazione con Sara Ruschi. La "decisione irretrattabile" della donna fu alla base dell'iniziativa criminosa, commessa con cattiveria e senza pietà. La trentacinquenne fu aggredita a coltellate mentre la figlioletta di due anni si trovava a poca distanza, distesa nello stesso letto.
Per i giudici aretini, fra la donna e Hicham esisteva ancora un contesto di convivenza stabile e familiare per poter contestare la forma di reato aggravata, dato che lei gli aveva concesso di rimanere nell'abitazione il tempo necessario a stabilizzarsi, trovare lavoro e mettersi in regola con il permesso di soggiorno. Infine, la Corte aveva rigettato la richiesta di perizia psichiatrica perché l'uomo non mostrava alcun "segno di psicopatologie e disturbo neurologico".[11]
Il 23 ottobre 2024 la Corte d'Appello di Firenze confermò la condanna all'ergastolo.[12]