Ronciglione. Omicidio Maria Sestina Arcuri. Per la Cassazione "la caduta non poteva essere accidentale".
Quello seguito dalla Corte d'Appello di Roma, e che ha portato a ritenere che la tesi della "natura accidentale della caduta di Maria Sestina Arcuri" era "smentita dagli elementi probatori acquisiti nel giudizio di merito, tra i quali si attribuiva un rilievo decisivo agli esiti delle consulenze tecniche del PM", è stato un "percorso argomentativo ineccepibile".
Lo scrive la prima sezione penale della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui il 9 novembre scorso ha confermato, rigettando il ricorso della difesa, la condanna a 22 anni di reclusione per Andrea Landolfi, l'ex pugile romano (assolto in primo grado) accusato di aver lanciato dalle scale la fidanzata 26enne Maria Sestina Arcuri, uccidendola, la notte tra il 3 e il 4 febbraio del 2019 a Ronciglione (Viterbo).
"Si riteneva infatti – scrivono i giudici della Suprema Corte – che le lesioni personali riportate da Maria Sestina Arcuri in seguito della caduta" erano "incompatibili con uno scivolamento lungo le rampe delle scale, imponendo, al contrario, di ritenere che si fosse verificato un impatto violento dell'area cranica della vittima contro una superficie piana e anelastica, provocato da una caduta del corpo, a testa in giù, privo di difese".
In questa "univoca cornice", ritiene la Cassazione, l'ipotesi alternativa "finalizzata a prefigurare la caduta accidentale della vittima o comunque non volontariamente provocata dall'imputato, oltre che smentita dagli esiti delle consulenze tecniche, si sarebbe inevitabilmente posta in contrasto con la giurisprudenza di legittimità consolidata". (RaiNews TGR Lazio)