Voce su Elena Del Pozzo
Elena Del Pozzo, 4 anni, fu trovata morta nel corso della tarda mattinata del 14 giugno 2022 a Mascalucia in provincia di Catania.[1] La bambina fu uccisa dalla madre Martina Patti, 23 anni, residente nello stesso comune siciliano. La giovane il giorno precedente, 13 giugno, si era recata dai Carabinieri per denunciare un sequestro di persona.

Uno scorcio della Chiesa parrocchiale di Maria Santissima Annunziata a Mascalucia in provincia di Catania (su concessione di BeWeB - Beni Culturali Ecclesiastici in Web)
In particolare la ventitreenne raccontò ai militari che nel corso del pomeriggio, mentre ritornava a casa a bordo della propria auto, dopo essere andata a prendere la figlia all'asilo, un gruppo di uomini incappucciati avrebbe bloccato la vettura che la donna conduceva. I presunti malintenzionati erano armati e, dopo averla minacciata, avrebbero rapito la figlia, preannunciandone la morte.[2]
La dinamica dell'episodio riferito dalla giovane appariva poco credibile ai militari: nessun testimone aveva assistito all'agguato. In seguito l'analisi delle telecamere di videosorveglianza della zona aveva escluso la presenza di gruppi armati nelle fasce orarie indicate dalla denunciante. Inoltre la ventitreenne non aveva chiamato subito i soccorsi sul posto, ma era prima andata a casa e poi, insieme ai familiari, si era presentata in caserma per informare del sequestro.
La donna, in fase di denuncia, aveva anche riferito che l'episodio potesse essere riconducibile alle condotte dell'ex compagno Alessandro Del Pozzo, 24 anni, che non avrebbe seguito le raccomandazioni presenti in alcuni messaggi minatori a lui pervenuti in passato. Missive che sarebbero riconducibili a una rapina in una gioielleria di Catania per cui, nel 2020, Del Pozzo fu arrestato, ma l'anno successivo venne assolto per non aver commesso il fatto.
Gli investigatori però, già al lavoro per le ricerche della piccola, non erano convinti della veridicità delle informazioni riportate dalla giovane. Nel corso dell'interrogatorio, infatti, era emersa una situazione conflittuale tra i due ex conviventi che erano separati da tempo, non apparivano rispettosi l'una dell'altro e non gestivano in modo sereno la figlia Elena, nata dalla loro unione.
Il colloquio si protrasse per tutta la notte. Soltanto in mattinata, dopo essere stata accompagnata a casa per un sopralluogo della Scientifica, la ventitreenne crollò e cominciò ad ammettere di essere coinvolta nella scomparsa della figlia. Dopodiché indicò il luogo in cui fu occultato il cadavere, conducendo i militari sul posto dove fu rinvenuto il corpo senza vita. La stessa aveva poi confessato di aver aggredito mortalmente la piccola Elena.[3]
La vittima era sotterrata in un campo incolto, non molto distante dall'abitazione dove risiedeva. Il delitto fu compiuto con un'arma da taglio. La piccola sarebbe stata prima accoltellata, poi avvolta in dei sacchi e infine seppellita.
La rea confessa non avrebbe saputo spiegare nel dettaglio il motivo del gesto, riferendo di non ricordare dell'aggressione e di aver agito senza capire quello che stava facendo. La ventitreenne precisò di aver fatto tutto da sola, senza l'aiuto di alcun complice, e di aver tolto la vita alla vittima nei pressi del punto dove fu occultato il cadavere. L'arma del delitto non fu rinvenuta.[4]
La Procura di Catania rese noto, attraverso un comunicato stampa, che Martina Patti avrebbe agito ai danni della piccola per via di una "forma di gelosia" nei confronti dell'attuale compagna dell'ex convivente, non tollerando che alla stessa vi si affezionasse anche la propria figlia Elena.[5][6]
La donna fu condotta in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, occultamento di cadavere e false informazioni rese al Pubblico Ministero. Nell'interrogatorio di garanzia la stessa avrebbe sostanzialmente confermato gran parte delle dichiarazioni precedentemente rese ai Carabinieri, ribadendo di aver ucciso, da sola, la figlia Elena nel luogo in cui il corpo venne ritrovato. La sua ricostruzione, tuttavia, fu accompagnata da diversi vuoti di memoria.[7][8]
Il giudice per le indagini preliminari convalidò il fermo e dispose la custodia cautelare in carcere. I primi risultati dell'autopsia avevano rilevato più di 11 fendenti d'arma da taglio sferrati sul corpo della bambina. Uno solo sarebbe stato quello letale. Il decesso della vittima non fu immediato.[9][10]
Secondo gli accertamenti eseguiti dagli investigatori, si escluse che l'omicidio fosse avvenuto in casa, nonostante alcune tracce ematiche fossero state rinvenute nell'appartamento, che però furono considerate "da riporto".[11][12] Nell'aprile del 2023 Martina Patti fu rinviata a giudizio. La Procura confermò le accuse di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, occultamento di cadavere e simulazione di reato.[13][14]
Il Procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro, specificò che le indagini degli inquirenti non avevano fatto emergere il movente ufficiale del delitto. Per la donna si poteva escludere l'incapacità di intendere e di volere poiché l'omicidio fu "minuziosamente elaborato" e programmato fin dalla mattina del 13 giugno 2022. Infatti la stessa si era recata nei terreni per scavare la buca dove poi la piccola fu sepolta.
Nelle prime fasi investigative si era ipotizzato il coinvolgimento di altre persone, tra cui un amico dell'indagata che fu tenuto sotto osservazione. Quest'ultimo però aveva un alibi, dunque si poteva ritenere che la ventitreenne avesse agito in autonomia. Ai tempi risultava che Martina Patti avesse una storia con un coetaneo: una relazione che però la stessa donna tendeva a ridimensionare.[15]
Il 16 febbraio 2024 Martina Pattì testimoniò in aula nel corso del processo. La donna riferì che, nel giugno del 2022, lei stava attraversando un periodo difficile in cui "tutto andava male". Pensando al fallimento della convivenza con il papà di Elena, la bocciatura a un esame universitario e la recente rottura con un altro ragazzo, lei "non vedeva più speranze". La ventitreenne voleva farla finita, ma pensava anche di non poter lasciare da sola la figlia.
In una deposizione interrotta più volte dal pianto, l'imputata disse che lei aveva portato la bimba nel campo incolto vicino casa, durante il pomeriggio del 13 giugno 2022, poi ricordava soltanto di avere le mani sporche di sangue mentre la piccola non le era più accanto. Successivamente l'immagine di lei che scavava la buca. Dopo aver telefonato al padre di Elena, aveva pensato di raccontare del finto rapimento perché "aveva paura di come poter spiegare quella tragedia". Soltanto nelle ore seguenti la donna crollò e confessò tutto.[16]
Nelle ultime fasi del processo, la pubblica accusa avanzò la richiesta di pena a 30 anni di reclusione, motivata dalla condotta sostanzialmente "collaborativa" dell'imputata: 28 anni per omicidio, un anno per occultamento di cadavere e un anno per simulazione di reato con il riconoscimento delle attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti contestate in considerazione della confessione, della collaborazione e della giovane età dell'imputata.[17]
Il 12 luglio 2024 la Corte d'Assise di Catania accolse sostanzialmente l'istanza della pubblica accusa e inflisse la condanna a 30 anni per Martina Patti.[18][19] Le pene differirono leggermente dalla richiesta del PM: 28 anni per omicidio, un anno e 6 mesi per occultamento di cadavere ed altri 6 mesi per simulazione di reato. Per la confessione e la "giovane età", a Martina Patti furono riconosciute le attenuanti, ritenute equivalenti all'aggravante della premeditazione.[20]
Secondo le motivazioni della sentenza di primo grado, non si poteva parlare di "un vero e proprio movente in senso tecnico", ma piuttosto di «ingiustificabili "ragioni" che avevano mosso Martina Patti ad uccidere la figlia". L'imputata considerava la piccola «da un lato come destinata col tempo ad avere una stabile presenza di un'altra figura femminile – la compagna del papà Alessandro Del Pozzo – che l'avrebbe potuta "offuscare"», mentre dall'altro lato la bambina «si era dimostrata in qualche modo d'impaccio affinché una relazione – quella con il nuovo fidanzato della ventitreenne – assumesse un carattere di stabilità e profondità».[21]
Secondo la tesi difensiva, avvalorata da una consulenza psichiatrica di parte, la giovane avrebbe agito nell'ambito di una "bolla dissociativa" che avrebbe scemato la sua capacità di intendere e di volere, mentre la morte di Elena Del Pozzo sarebbe stato un caso di "figlicidio altruistico" non concretizzatosi in un suicidio da parte della madre. La Corte d'Assise di Catania, però, aveva confutato tale ricostruzione. ll complesso di fatti e circostanze, che avevano fatto da sfondo alla vicenda, spiegavano "la sua consapevole scelta di uccidere la bambina".

La Basilica Cattedrale di Sant'Agata, Duomo di Catania, dove sono stati celebrati i funerali della piccola Elena (di Giovanni Dall'Orto, licenza CC BY-SA 4.0)
Per i giudici, "nessun dato probatorio confermava la tesi dell'imputata relativa ad aver maturato l'idea di un omicidio-suicidio", poiché «la predisposizione e l'avvenuta utilizzazione di mezzi atti all'occultamento del cadavere stridevano fortemente con l'idea che Martina Patti volesse suicidarsi dopo aver soppresso la piccola. Se a ciò si aggiungeva l'assenza di qualsivoglia genere di gesto autolesionistico, si traeva la totale infondatezza dell'assunto difensivo".[21]
La bambina, inoltre, fu uccisa nell'arco di diciassette minuti. «Un tempo – secondo le motivazioni della sentenza – incompatibile per arrivare dall'auto al punto del campo dove avverrà il delitto, commettere l'omicidio, sistemare il corpicino della vittima già nei sacchi neri, scavare con una pala una buca di quelle dimensioni e poi sistemarvi la bambina e, infine, ricoprirla». I difensori dell'imputata, però, ribadirono la tesi della parziale capacità di intendere e di volere della giovane nel momento del delitto, presentando il ricorso in Appello.[22]
Nel corso del processo di secondo grado, celebrato alla Corte d'Appello di Catania, fu disposta una perizia psichiatrica sull'imputata. Martina Patti, nell'udienza tenutasi il 14 maggio 2025, aveva riferito in aula di un malessere "cominciato dalla relazione con un suo ex", con cui aveva avuto un "rapporto nel quale aveva subito anche violenze". Inoltre, dopo una "delusione d'amore" per un ragazzo conosciuto sui social, aveva compreso di essere "sprofondata in una crisi depressiva" e, contestualmente, avrebbe "dovuto chiedere aiuto". Davanti ai giudici, la giovane aveva anche parlato del rapporto con la figlia Elena e della decisione di togliersi la vita insieme alla piccola.[23]