Voce su Lucia Felici
Lucia Felici, 75 anni, fu trovata morta nelle prime ore del mattino del 9 agosto 2024 nell'abitazione in cui risiedeva in via Bellavista a Castelnuovo di Porto in provincia di Roma.[1][2]

La Chiesa di Santa Lucia a Castelnuovo di Porto in provincia di Roma (su concessione di BeWeB - Beni Culturali Ecclesiastici in Web)
Ad allertare le forze dell'ordine, intorno alle 7.30, fu una vicina di casa che aveva sentito la vittima gridare, forse nel disperato tentativo di chiedere aiuto. Alcuni altri residenti dello stesso condominio avrebbero provato a entrare nell'appartamento, ma la porta era chiusa e nessuno apriva dall'interno.
Quando i Carabinieri giunsero sul posto, la porta era ancora chiusa mentre il marito della donna, Carmine Alfano, 82 anni, si era barricato dentro. Dovette intervenire il personale dei Vigili del Fuoco per sfondare l'ingresso.[3] All'interno dell'appartamento fu trovata l'anziana senza vita. Nelle vicinanze c'era anche il coniuge in stato confusionale. L'uomo si lasciò portare dai militari in caserma senza opporre resistenza.
Interrogato alla presenza del PM della Procura di Tivoli, l'ottantaquattrenne aveva ammesso di avere ucciso la moglie, strangolandola al culmine di una violenta lite.[1][2] Nei suoi confronti fu contestata l'accusa di omicidio volontario aggravato dal vicolo coniugale.
In particolare, l'uomo avrebbe riferito: "Mia moglie si lamentava perché le faceva male la testa. Io sono andato in camera sua e ho iniziato a massaggiarle la fronte per calmarla. Ma lei non smetteva, continuava a lamentarsi. Io non riuscivo più a sopportarla. Per questo le ho messo le mani al collo e le ho tenute per cinque minuti fino a quando non è morta".[4] Una spiegazione che, però, non aveva convinto gli inquirenti. La donna non sarebbe stata afflitta da particolari patologie e, secondo alcune testimonianze, già in passato sarebbe stata vittima di maltrattamenti da parte del marito.
La signora Felici era impiegata come collaboratrice domestica e, per diversi anni, aveva lavorato anche in Florida, negli Stati Uniti, poi era tornata in Italia. Il marito invece era un dipendente amministrativo della casa di cura "American Hospital".[5] Secondo le ricostruzioni, moglie e marito vivevano da "separati in casa" negli ultimi tempi. Lo stesso ottantaquattrenne avrebbe ammesso che non dormivano più nella stessa camera: "Lei si lamentava perché russavo, quindi dormivo in un'altra stanza. Lei si lamentava di tutto, mia moglie era irascibile". Secondo le testimonianze dei vicini, però, la donna era benvoluta e stimata da tutti.
Sempre nel corso dell'interrogatorio dinanzi ai Carabinieri, Alfano avrebbe aggiunto di aver tentato il suicidio alcuni anni prima: "Sono stato in cura al Cim, poi in una clinica psichiatrica. Dopo il trattamento stavo meglio". Sulla situazione clinica dell'ottantaquattrenne furono disposti degli accertamenti.[4]
Il successivo 12 agosto, nell'interrogatorio di garanzia, l'uomo avrebbe ribadito alcune parti della confessione rilasciata ai Carabinieri dopo il fermo. In particolare, dinanzi al giudice per le indagini preliminari, Alfano avrebbe riferito: "L'ho uccisa perché non la sopportavo più, molte volte ho pensato di ammazzarla".[3] Era emerso inoltre che l'ottantaduenne, dopo aver strangolato la moglie, avrebbe riposizionato il corpo senza vita a terra e messo un coltello nelle mani della donna, probabilmente nel tentativo di simulare una legittima difesa e depistare le indagini.
Il giudice non convalidò il fermo per motivi tecnici, ma dispose comunque a carico dell'uomo la custodia cautelare in carcere per la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, considerata la "preoccupante capacità ad azioni di immotivata violenza", come descritto nell'ordinanza firmata dal gip.[6] Nel marzo del 2025, dopo la chiusura delle indagini, fu disposto il giudizio immediato. I legali difensori sostennero il totale vizio di mente dell'anziano che, recluso nel carcere di Rebibbia, era tenuto sotto stretta osservazione perché affetto da una forte depressione.[7]