Voce su Hanna Herasimchyk
Hanna Herasimchyk (Ганны Герасімчык), 46 anni, fu trovata morta il 13 giugno 2024 nell'abitazione in cui risiedeva in via del Citra a Pozzuolo Martesana, un comune della provincia di Milano.[1][2]

La Chiesa della Natività della Beata Vergine Maria a Pozzuolo Martesana (di Geobia, licenza CC BY-SA 3.0)
A scoprire il corpo senza vita, al rientro in casa nelle prime ore del mattino, fu il compagno della donna, Konrad Marek Daniec, 43 anni. A suo dire, Hanna Herasimchyk era stesa esanime sul pavimento, tra il soggiorno-cucina e il corridoio dell'appartamento. L'uomo chiamò il 112 per l'intervento dei sanitari, ma il personale medico intervenuto sul posto, purtroppo, non poté fare altro che constatare il decesso della vittima.
Secondo i primi risultati dell'esame autoptico, la donna sarebbe morta per soffocamento. La salma presentava vistosi lividi e vari segni di "asfissia meccanica", ma non si poteva escludere il gesto volontario. Dunque, per chiarire se si fosse trattato di un gesto autolesionistico o dell'esito di un'aggressione ad opera di una terza persona, la Procura aveva disposto ulteriori accertamenti.[2]
Hanna Herasimchyk, originaria della Bielorussia, era impiegata come badante e, in passato, aveva lavorato anche come ballerina in alcuni locali notturni. Il compagno Marek Daniec invece, originario della Polonia, era impiegato come autotrasportatore per una società di spedizioni.
Il quarantatreenne avrebbe raccontato agli inquirenti di aver avuto un litigio con la donna e di essersene andato da casa due giorni prima del ritrovamento del cadavere. La relazione con la convivente era in crisi da tempo. Alle forze dell'ordine risultavano diversi interventi per liti domestiche nell'abitazione della coppia, ma senza delle formali denunce.
La svolta nel caso arrivò sei mesi dopo, il 13 dicembre 2024, quando i Carabinieri del Comando Provinciale di Milano eseguirono un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal giudice per le indagini preliminari del capoluogo lombardo su richiesta della locale Procura, nei confronti di Konrad Marek Daniec.[3][4]
Gli inquirenti avevano raccolto gravi indizi a carico del quarantatreenne, grazie alle attività tecniche di intercettazione e di analisi delle copie forensi dei telefoni, comparati con gli esiti dell'autopsia e con gli accertamenti scientifici sulle tracce biologiche repertate sulla scena del crimine. L'uomo era accusato di omicidio volontario aggravato dall'aver agito nei confronti della compagna.
Secondo le indagini coordinate dalla Procura di Milano, il delitto si era consumato nel corso della notte tra l'11 e il 12 giugno 2024, nell'ambito di un rapporto conflittuale tra i due conviventi. L'indiziato avrebbe soffocato la signora Hanna Herasimchyk al culmine di un'ennesima violenta lite di coppia, simulando poi di averla trovata morta in casa la mattina del seguente 13 giugno.[3][4]
L'uomo, dopo la chiamata dei soccorsi, si era mostrato "visibilmente provato e in lacrime" davanti ai Carabinieri e aveva riferito sin da subito ai militari di una discussione tra la vittima e un suo ex fidanzato, che le avrebbe inviato "messaggi minatori". Per gli inquirenti, però, quel racconto sarebbe stato un tentativo di "sviare le indagini". Con il passare del tempo, infatti, Marek Daniec divenne il principale sospettato della morte della compagna convivente.
Gli amici della donna avevano raccontato di frequenti liti nella coppia, che sfociavano in aggressioni fisiche da parte del quarantatreenne. In un'occasione in particolare – stando alle confidenze della vittima ad un amico –, Daniec l'avrebbe picchiata fino a farle perdere i sensi. Anche i vicini di casa avevano riferito agli investigatori di continue e violente discussioni. L'ultima appena un mese prima della morte, quando dall'appartamento accanto si era sentita la signora Herasimchyk gridare aiuto.[5]
Nei giorni successivi all'arresto, l'indiziato si avvalse della facoltà di non rispondere nel corso dell'interrogatorio di garanzia tenutosi dinanzi al giudice per le indagini preliminari.[6] Nella primavera del 2025, l'uomo fu rinviato a giudizio.[7] L'imputato continuò a dichiarare la propria innocenza nel corso del processo, mentre i legali difensori sostennero, sulla base di una propria consulenza medica, che il decesso della vittima fosse legato ad una patologia. Per questo motivo, gli avvocati chiesero alla Corte d'Assise di Milano la disposizione di una perizia anatomopatologica sulle cause e sulla finestra temporale della morte dalle quarantaseienne.[8]