Voce su Patrizia Russo

L'Auditorium degli Angeli, ex Chiesa dei Santi Sebastiano e Bernardino, in Piazza della Libertà a Solero in provincia di Alessandria (di Tournasol7, licenza CC BY 4.0)
Patrizia Russo, 53 anni, fu uccisa dal marito Giovanni Salamone, 63 anni, nelle prime ore del mattino del 16 ottobre 2024.[1][2] L'omicidio si consumò nell'abitazione della coppia a Solero in provincia di Alessandria. La donna era un'insegnante di sostegno alla scuola media "Lucio Ferraris", situata nello stesso comune. In passato aveva lavorato alla scuola media "Castagnolo" di Agrigento e all'istituto comprensivo "Andrea Camilleri" di Favara (Agrigento).
La vittima fu aggredita a coltellate. Secondo le ricostruzioni, il marito nel corso della notte aveva impugnato un coltello, recandosi nella camera da letto dove la moglie stava ancora dormendo e, nel sonno, l'aveva colpita più volte con almeno sei fendenti, senza darle possibilità di difendersi.
Intorno alle 05:30 del mattino, dalla casa della coppia in via Giovanni Cavoli, Salamone aveva telefonato ai Carabinieri, riferendo loro di avere ucciso la coniuge. Poco dopo, all'arrivo sul posto dei militari del comando provinciale di Alessandria, l'uomo non oppose resistenza e venne sottoposto a fermo. Nell'interrogatorio in caserma, il sessantatreenne aveva confessato le proprie responsabilità, senza però spiegare il motivo dell'efferato gesto.
La coppia era originaria di Agrigento ed aveva due figli adulti che non risiedevano con i genitori a Solero.[3] Circa un anno prima, i due coniugi si erano trasferiti in Piemonte dalla Sicilia. Il giorno prima del delitto, la professoressa Russo ed il marito erano ritornati a Solero, dopo un periodo di due settimane trascorso ad Agrigento perché Salamone si occupava della gestione dei suoi uliveti nel paese d'origine.
Prima di essere trasferito in carcere, l'uomo avrebbe riferito ai Carabinieri di un debito contratto in Sicilia che lo avrebbe reso depresso: "Da qualche giorno mi sentivo depresso e anche mia moglie mi vedeva cupo. Ho dei debiti, ma lei stessa mi aveva rassicurato che non era nulla di grave e che saremmo andati avanti. Quando siamo andati a dormire, lei si era addormentata subito... io invece mi assopivo e mi risvegliavo, non riuscivo a dormire come avrei voluto. Intorno alle 05:00, allora, ero sceso a prendere il coltello e l'ho ammazzata. Ho fatto una sciocchezza".[4]
Nei giorni seguenti, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, Salamone rispose alle domande del giudice per le indagini preliminari. Quest'ultimo convalidò il fermo richiesto dalla Procura di Alessandria.[5] Nei primi mesi del 2025 l'uomo fu rinviato a giudizio. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, il sessantatreenne aveva colpito ripetutamente la moglie, al torace e alla schiena, con un coltello da cucina, sentendosi "preso in giro" da lei relativamente alla mancata restituzione di 5 mila euro.
Salamone sarebbe piombato in uno stato psicologico molto sofferto, dettato probabilmente dall'aver ricevuto delle cartelle esattoriali per un debito che si aggirava intorno a 38 mila euro. Oltre a quello, l'uomo aveva anche dovuto affrontare un procedimento penale "assolutamente infondato" per ricettazione di arance. Ad accusarlo era stato il figlio di un suo ex socio, ma il procedimento ad Agrigento si era chiuso già in fase predibattimentale con il proscioglimento.[6]
Nel corso del processo, celebrato alla Corte d'Assise di Alessandria, la difesa dell'imputato aveva chiesto l'esecuzione di una perizia psichiatrica, ma l'istanza fu respinta dai giudici perché agli atti era già presente una consulenza della pubblica accusa che attestava la capacità dell'uomo di stare in giudizio.[7] Durante la requisitoria, il PM aveva chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche e la condanna a 21 anni di reclusione, definendo l'imputato «un narcisista, il classico uomo siciliano che entra in crisi quando non è più il "sole della casa". Quando ha ucciso la moglie, era del tutto capace di intendere e di volere».
I legali di parte civile, che rappresentavano i figli della coppia, ritennero però la richiesta di pena "non congrua".[8] Il difensore dell'imputato, invece, chiese l'assoluzione perché il proprio assistito avrebbe agito in un momento in cui non era in grado di intendere e di volere.
Il 14 luglio 2025 la Corte d'Assise di Alessandria, rigettando entrambe le istanze del PM e della difesa, aveva condannato Giovanni Salamone all'ergastolo,[9] non riconoscendo le attenuanti generiche richieste dalla pubblica accusa.[10][11]