Voce su Paola Mostosi
Uno scorcio panoramico dall'alto di Torre Boldone, paese di origine di Paola Mostosi in provincia di Bergamo (di Ago76, licenza CC BY-SA 3.0)
Paola Mostosi, 24 anni, originaria di Torre Boldone (Bergamo), era una giovane donna laureata in economia e impiegata in uno studio di commercialisti. Il suo cadavere fu trovato la mattina del 27 marzo 2002 in un canale della centrale elettrica di Marne, frazione del comune di Filago in provincia di Bergamo.[1]
La mattina del giorno precedente era uscita con la sua auto per recarsi al lavoro, ma sull'autostrada A4 in direzione di Milano ebbe un piccolo incidente con un camion guidato da Roberto Paribello, 32 anni, originario di Salerno.
Dei detriti dal mezzo guidato dall'uomo sarebbero andati a finire sulla vettura condotta dalla ventiquattrenne. I due si fermarono in una piazzola di sosta per concordare una constatazione amichevole ma, a un certo punto, Paribello avrebbe sfiorato la gamba della vittima. Il gesto inasprì ancora di più la tensione fra i due, tanto che la giovane lo avrebbe intimato di denunciarlo per tentata violenza sessuale.
Il trentaduenne, spazientito, sequestrò la ventiquattrenne legandola, ammanettandola e imbavagliandola per poi trascinarla sul lettino della cabina del suo camion. Il malintenzionato continuò a svolgere il suo lavoro portandosi dietro la vittima e tenendola nel mezzo fino a tarda serata, come se nulla fosse successo. L'auto della stessa, lasciata sull'autostrada, fu scoperta proprio in serata dai Carabinieri, dopo la denuncia di scomparsa presentata dai conoscenti.
Probabilmente in quegli stessi istanti la giovane, ancora cosciente, avrebbe minacciato il malintenzionato di denunciarlo una volta resa libera. A quel punto l'uomo, per evitare che ciò accadesse, prima la strangolò e poi gettò il corpo esanime nel canale a Marne. L'autopsia escluse la violenza sessuale, ma stabilì che il decesso sopraggiunse dopo ore di agonia, presumibilmente nella notte tra il 26 e il 27 marzo.
Paribello fu scoperto perché si impossessò del cellulare della ventiquattrenne, regalandolo alla moglie quando tornò a casa. Intercettato dai militari, fu fermato. Inizialmente respinse le accuse, poi dopo alcuni giorni, messo dinanzi alle evidenze delle indagini, confessò il delitto.[2]
Nei mesi successivi, sottoposto a una perizia di parte, fu riconosciuto al trentaduenne un vizio parziale di mente.[3][4] Ciò non evitò comunque la condanna in via definitiva all'ergastolo.[5][6]