Voce su Franca Silvana Ganassi
Uno scorcio dell'ingresso della Rocca dei Boiardo a Scandiano in provincia di Reggio Emilia (di Cabassi Gabriele, licenza CC BY-SA 4.0)
Franca Silvana Ganassi, 60 anni, fu trovata senza vita la mattina del 31 dicembre 2005, riversa sul muretto di un'abitazione nei pressi di via Mazzini a Scandiano in provincia di Reggio Emilia.[1][2]
Sul posto intervennero i Carabinieri che, durante le prime indagini, accertarono che la vittima fu uccisa la sera del precedente 30 dicembre, nei pressi del Parco della Resistenza, e poi trascinata per una decina di metri nel luogo dove avvenne il ritrovamento, a pochi passi da casa. La sessantanne, pensionata e volontaria della Caritas, era residente nello stesso comune, in via Mazzini. Secondo le ricostruzioni, la donna, rientrata da una gita a Brescia poco prima delle 20.00, era scesa dal pullman che l'aveva riportata a Scandiano ed aveva attraversato a piedi il Parco della Resistenza, diretta verso casa, quando all'improvviso fu aggredita mortalmente.
L'esame autoptico rilevò la presenza di numerose ferite alla testa, segni di un pestaggio eseguito con violenti colpi inferti tramite un oggetto contundente (mai ritrovato, si ipotizzò una spranga od un bastone appuntito). Inoltre, furono rinvenute anche tracce di liquido seminale sugli indumenti della donna, che confermarono un tentativo di violenza sessuale sulla vittima.
La signora fu anche derubata della propria borsa, poi ritrovata il successivo 16 gennaio 2006 lungo un terreno nei pressi di uno scantinato in via Bosco, sempre a Scandiano, dove nelle vicinanze, all'epoca, aveva sede un locale utilizzato al piano terra come luogo di ritrovo per il culto islamico.
Le prime indagini della Procura di Reggio Emilia, caratterizzate da false piste e vicoli ciechi, non diedero esito positivo nella ricerca del responsabile del delitto. L'inchiesta però fu riaperta più di dieci anni dopo, con l'utilizzo di tecniche forensi più avanzate che nel 2006 non era possibile adottare. Si arrivò così ad una definitiva svolta nel maggio del 2020, quando il principale sospettato dell'omicidio, un quarantaquattrenne, fu arrestato in Marocco. Costui era Moustapha Bouzendar, che aveva 29 anni all'epoca dei fatti.[1][2]
Le nuove attività investigative permisero di analizzare più a fondo il DNA estratto dal liquido seminale sul corpo della vittima, facendo emergere una particolare conformazione attribuibile ad un soggetto nordafricano. Vennero analizzate le celle telefoniche per individuare le persone passate nella zona del delitto la sera del 30 dicembre 2005. Furono poi comparati circa duecento campioni biologici e la rosa dei sospettati si restrinse ad alcuni magrebini.
Nel corso degli accertamenti la Procura reggiana fu successivamente informata, dal Magistrato di collegamento in Marocco, che l'assassino della sessantenne poteva individuarsi in un clandestino ospitato all'epoca da un connazionale che viveva a Scandiano. Si trovò così la corrispondenza del DNA isolato dal Ris di Parma con le tracce lasciate da Bouzendar su una tazzina di caffè e su una sigaretta, mentre l'uomo veniva ascoltato dagli inquirenti in Marocco.
Il sospettato fu arrestato nel paese nordafricano con le accuse di omicidio volontario, violenza sessuale e rapina. Interrogato tra il 7 e il 9 maggio 2020, nel giro di due giorni, il quarantaquattrenne fornì agli investigatori marocchini tre versioni diverse, ma alla fine confessò ed ammise le proprie responsabilità, seppur chiamando in causa un "secondo uomo" italiano che avrebbe agito in concorso con lui.[3]
Nella sua dichiarazione, resa agli inquirenti del paese d'origine il 9 maggio 2020, il cui verbale fu pubblicato dal quotidiano il Resto del Carlino, Bouzendar raccontò i dettagli dell'aggressione: "Tra le 20 e le 21 di quel giorno, mentre ero con un mio amico italiano, passò Franca Ganassi, vestita in modo pesante. Aveva il capo coperto da un cappuccio perché faceva molto freddo e stava anche nevicando. Io e lui l'avevamo aggredita. Una volta caduta a terra, la colpimmo più volte alla testa con un oggetto affilato che aveva portato l'altro, messo dentro ad una calza nera".
"Poi mi sono buttato sopra di lei e l'ho violentata esternamente, da dietro" – ammise Bouzendar. "Lei perdeva sangue a causa dei colpi ricevuti sulla testa. Poi sono andato via senza vedere come lei stesse. Mentre lì era rimasto il mio amico italiano, che aveva rubato quello che c'era nella borsetta. Poi l'abbiamo lasciata dietro una siepe alta. Non sapevo che fosse morta. Lo venni a sapere solo il giorno dopo".
Gli inquirenti marocchini, però, non crebbero interamente a tale versione perché, tenuto conto degli accertamenti svolti in Italia, non risultava nessun'altra persona corresponsabile. Alla luce delle prove biologiche, Bouzendar avrebbe agito da solo.
Nel corso dei colloqui, il reo confesso ricostruì la propria vita, dicendo di essere arrivato in Italia nel 1993 con un falso passaporto, poi venne ospitato da connazionali e fece dei lavori saltuari. Dopo il delitto, rimase sul territorio italiano per quasi due mesi: "Il 23 febbraio 2006 tornai in Marocco a causa dei controlli serrati delle forze dell'ordine".
Una volta in patria, fece il guardiano notturno di auto, poi si sposò ed ebbe dei figli. Negli anni successivi si separò, dopo che l'ex moglie lo aveva denunciato per violenze coniugali. Gli inquirenti gli chiesero anche: "Se nel parco, al posto di Franca Ganassi, fosse passata un'altra donna? Cosa avreste fatto?". Lui rispose: "Avremmo fatto le stesse cose. Avevamo bevuto e usato droga, abbiamo perso il controllo".[3]
Il 23 settembre 2024 Moustapha Bouzendar fu condannato a 25 anni di reclusione dal Tribunale di Casablanca. La sentenza fu notificata alla Procura di Reggio Emilia il successivo mese di novembre.[4][5]