Bologna. Le motivazioni della Corte: "Gli omicidi di Giulia Tateo ed Isabella Linsalata programmati con cura".
Per la Corte d'Assise di Bologna «è stato ampiamente dimostrato che gli omicidi di Isabella Linsalata e Giulia Tateo non avvennero sulla base di una decisione estemporanea o improvvisa di Giampaolo Amato, ma furono programmati da tempo con cura».
Lo scrivono i giudici nelle motivazioni della condanna all'ergastolo per il medico bolognese accusato degli omicidi della moglie 62enne (tra il 30 e il 31 ottobre 2021) e la suocera 87enne (deceduta 22 giorni prima della figlia). I delitti sarebbero avvenuti con un mix di farmaci: Sevoflurano (un anestetico) e Midazolam (benzodiazepine).
La Corte sottolinea che i due omicidi devono essere letti in «maniera combinata». Quello di Isabella Linsalata, infatti, «seppur successivo cronologicamente a quello della madre, illumina retroattivamente quest'ultimo, disvelandone comuni modalità di realizzazione e motivazioni sottese». Pertanto Amato «ha dovuto previamente recuperare le sostanze utilizzate e individuare il momento più opportuno per agire indisturbato».
Il ricorso al Midazolam sulla moglie, già nel 2019 (dopo che dalle analisi del sangue di Linsalata erano emersi altri valori di benzodiazepine), per la Corte gli ha consentito di sperimentare e apprendere con precisione le dosi necessarie a indurre l'effetto narcolettico.
La somministrazione di Midazolam e Sevoflurano a Tateo, «gli ha permesso di consolidare le conoscenze sull'impiego a scopo letale degli stessi in ambiente domestico». Infine, per i giudici, l'omicidio di Isabella Linsalata, «ha rappresentato la messa in atto di tutta l'esperienza già accumulata dal dottor Amato, il quale ha così potuto agire con rapidità e sicurezza».
È evidente, secondo la Corte, che l'omicidio della suocera è «inscindibilmente collegato» con quello della moglie e «assieme a questo si inserisce all'interno di un progetto criminale più ampio con il quale l'imputato mirava a liberarsi, una volta per tutte, del "peso" che gli causavano tali legami familiari ormai ingombranti e vissuti come catene». Due morti che per i giudici «non sono certamente accidentali ma frutto di un disegno criminoso unitario, funzionale ad un complesso e unico movente». (Corriere.it)